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Guanciali di terra
Caterina Accardo in Guanciali di terra, ricorda la natia terra di Sicilia, dove affondano le sue radici. La poetica che l’autrice ci presenta, nel testo che prendiamo in considerazione in questa sede, è tout-court lirica: la poetessa, con immagini che, a volte risultano icastiche e risolte, manifesta, nel suo poiein, una vena immediata, che si realizza con una scrittura quasi elementare, sicuramente chiara e nitida, nell’oscillare continuo tra gioia e dolore, luce e ombra. Anche se molto spesso vengono trattate situazioni dolorose, la poetessa non si geme mai addosso e il risultato è un tessuto linguistico equilibrato, privo di preoccupanti sbavature. E’ un procedimento per accumulo, quello che ci presenta Caterina Accardo e ogni immagine, spesso, pare scaturire da quella precedente; l’aggettivazione è frequente e ciò intensifica l’alone di semplicità che pervade tutti i testi della raccolta, caratterizzati da una certa pesantezza del discorso / piuttosto frequentemente.
In qualche componimento riscontriamo un tessuto linguistico più complesso, per una forte carica di intrinseca visionarietà. Leggiamo la poesia Beffa, che è tutta un trasalire di sensazioni forti, che si traducono in immagini debordanti, legate intrinsecamente l’una con l’altra:-“Arroventate molecole / di silenzi indistinti / carrellata di sogni // ammainati nel tempo/ / fuorvanti indizi / di fresche brezze. / Dondola un aitante scettro, / cresciuto al riparo / di un organico schema, / indiscusso respiro / di sghignazzi / sollazzi e tremori / Le dominanti correnti / afflosciano il cuore, che è vivo e corrotto, pochezza nel niente…”; qui è tutto indistinto, magmatico, privo di coesione, al limite con l’alogico, con quello che in pittura può essere definito astrattismo: è un componimento del tutto verticale, che presenta un forte scarto linguistico, dal linguaggio standard. Troviamo nella raccolta una certa eterogeneità di toni e di registri espressivi: infatti ci sono nel libro poesie del tutto antitetiche a quella suddetta, che è composita e articolata. Per esempio, il componimento Piano è denso di quella che si può definire linearità dell’incanto:-“/Ciliegi in estate / agghindano vasti orizzonti di luce, / piano t’incammini / sulle ali del vento / e respiri piano, ma intensamente. / Piano / volgi lo sguardo indietro, / e, senti a credere, ritrovi subito / le linee ordinate: / dell’organico spunto d’amore /…” Qui il respiro si fa più disteso e viene, con versi ariosi e precisi, rappresentato un idillio tra natura e poeta, idillio che coinvolge anche il lettore. Qui domina una natura che trova nei ciliegi il simbolo della vita e dell’amore, in una descrizione, tutta giocata in plein-air. La natura stessa viene detta in questo libro, non troppo frequentemente e, quasi sempre, attraverso elementi vegetali che si stagliano in paesaggi da eden, come in Si aprono le viole, poesia semplicissima e forse un po’ ingenua:-“Corone e diademi rilucenti/ sgusciano i fiori/ dal profumo inebriante…”. . Un forte amore per la vita traspare in queste poesie, frutto di uno sguardo sulle cose, sguardo che si trasforma in immagine, attraverso la parola. Per intendere bene questa poesia, occorre far sparire l’autore dall’orizzonte del verso, durante la lettura, per farlo riapparire solo dopo, nella riconsiderazione del tutto, senza però cercarne l’esattezza.
La sedia impagliata
Rughe indurite negli anni dal vento
Le posate rimaste alla rinfusa sul piano
Due passi nella notte |
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