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Luca Buonaguidi, l’autore del libro che prendiamo in considerazione in questa sede, è nato a Pistoia nel 1987; originario di Montecatini Terme, vive oggi a Firenze; cultore di cinema, letteratura, musica è al suo esordio letterario.
Il componimento, che apre la raccolta, intitolato L’amore del mio respiro, ha un carattere programmatico; in esso è presente anche un tema etico; in questo testo c’è un voi al quale il poeta si rivolge; nella poesia si riscontra una forte densità metaforica, sinestesica e semantica a partire dall’incipit di L’amore del mio respiro: “Non riesco a scivolare | lungo il percorso | che mi avete preparato, | non conosco il significato | di questa mia estasi d’amore | e non chiedetemi | di abbassare lo sguardo | e camminare diritto sotto il sole… |”; del voi, al quale il poeta si rivolge, ogni riferimento resta taciuto, sappiamo solo che il voi ha preparato un tragitto per l’io-poetante e tutto il senso resta pervaso da una vaga bellezza; in L’amore del mio respiro, l’autore afferma che, tra queste entità, alle quali il poeta si rivolge, è presente l’odio e che tanti altri volevano solo amarle e tanti altri solo salvarle: tutto il contesto resta imbevuto di mistero e da un’aurea di vaghezza. Si ritrova qui un io poetante molto autocentrato e viene espressa una poetica che si realizza per mezzo di una riflessione introspettiva. In Assenza si ritrova l’intrigante tematica della poesia nella poesia: “Assenza, | cosparsa di silenzio | che si veste in verso | fragile come pallido sole d’orizzonte | dopo la prima pioggia autunnale |“; in questi versi sembra che venga trattata poeticamente la tematica della dialettica tra detto e non detto. In Sono povero, luna emerge un intenso tono lirico, nella tensione dell’io-poetante di interanimarsi con la luna, alla quale si rivolge chiamandola amica suprema musa, in una maniera che ricorda lontanamente Leopardi. La raccolta è caratterizzata da una poetica neolirica, che presenta, d’altro canto, una vena fortemente intellettualistica. A volte il discorso dell’autore, sempre originale, è sotteso a un tu,femminile, al quale il poeta si rivolge, con toni e modi accorati e leggermente sensuali che, ricordano vagamente Neruda:“L’incanto celato | nei tuoi occhi | un sorso corto | di acqua fresca | dopo una lunga sete | d’amore e compassione |“; sono molto belle e icastiche queste immagini, tratte dal componimento L’autostrada greca; la donna amata è qui calata in un contesto naturalistico e molto affascinante è la similitudine tra gli occhi della donna e l’acqua fresca, che dà alla situazione amorosa un tono dolce e pervadente. L’ordine del discorso in I giorni del vino e delle rose, sembra essere sotteso ad una ricerca della propria dimensione nell’hic et nunc della vita, del senso, dell’etimo, come in La mia casa non esiste, poesia nella quale il poeta afferma che la sua casa è altrove ed è una terra di nessuno, un viaggio lontano; in questa poesia viene detta anche la selva oscura dantesca, dalla quale, presumibilmente, uscire tramite il medium della poesia stessa; vengono nominate, tra le righe, anche le filosofie orientali che, per tanti, sono, nel nostro postmoderno occidentale, un mezzo di salvezza per emergere dal mare magnum della quotidianità liquida e caotica. Un testo pregnante, quello di Buonaguidi, che si sviluppa nella tensione salvifica di uscire da se stessi e relazionarsi positivamente con l’alterità, che sia un tu, un voi, la stessa società o la natura; un’altra tematica è quella del viaggio, che è la vita stessa, con i suoi dolori e le sue gioie; i versi sono connotati da leggerezza e icasticità, sono egregiamente controllati e sorvegliati e, in essi, la forte componente di dolore è dominata, elemento fondamentale per la riuscita di una poetica. In un contesto esistenziale difficile, Buonaguidi trova, tramite l’urgenza del dire le cose, un varco, un’uscita di sicurezza, senza mai gemersi addosso: la vita ha tante contraddizioni: ci sono il male, l’incomprensione, la solitudine e l’afasia e solo la poesia può costituire un valido antidoto al lacerante dolore esistenziale, che è il triste scenario in cui viviamo, una terra desolata, per dirla con T. S. Eliot, nella quale, comunque, esiste la consolazione piacevole delle stesse rose e dello stesso vino, che divengono simboli per redenzioni e per una possibile felicità, anche se la stessa gioia è raggiunta solo tramite il ricordo, che viene riattualizzato sulla pagina. E’ presente, quindi, il tema del rimpianto, attraverso una memoria involontaria, come nella poesia eponima, nella quale viene detto un cuore inerte e tremante, come furono le mani attorno al corpo dell’amata nei giorni belli, quelli, appunto, del vino e delle rose; sono giorni vagheggiati, adesso perduti, giorni ormai appassiti, che non torneranno mai più; dal momento del ricordo, attraverso un’immersione fugace nel passato, scaturisce la poesia, che diviene il negativo fotografico dell’immagine della vita. Nonostante la giovane età, in questa raccolta Buonaguidi dimostra una certa maturità espressiva e ci aspettiamo da lui delle opere successive interessanti, dopo questo libro, Nella prefazione, caratterizzata da notevole acribia, Girolamo De Simone afferma di essere stato colpito subito, in quelle stringhe profonde, dal gioco delle ricorrenze: silenzio/solitudine, viaggio/ricerca, amore infinito/dolcezza. Tra queste forme/motivo deleuziane, una sicuramente è significativa: l’ostinata propensione a mantenere viva la memoria. E cosa facile richiamare la memoria, ma non sempre risulta così semplice farlo, quando essa è davvero inconciliata, quando precocemente si è provato a cancellarla, rimuovendo esistenze incomparabili. Una ricerca per giungere ad una consapevolezza, attraverso una pratica catartica della poesia, per arrivare ad un ridestato riscatto morale, quella del giovane autore; nella poetica del nostro, non manca, nonostante tutto, una speranza, una possibilità di uscire dalle spire di un dolore connaturato all’esistere e all’esserci nel mondo, oltre che ad una situazione contingente (e qui bisogna aggiungere che non possiamo sapere se il testo sia venato a meno di autobiografismo). ° ° ° Due testi tratti da I giorni del vino e delle rose
Carpirò la poesia
Covare solitudini |
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