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La regola dell’orizzonte

Alessandra Paganardi, nata nel 1963, vive e lavora a Milano. Ha vinto il Premio Astrolabio 2008 con la silloge Frontiere apparenti.

La regola dell’orizzonte, la raccolta della poetessa che prendiamo in considerazione in questa sede, è connotata da testi poetici nei quali le parole che costituiscono i componimenti sono dette con urgenza. I versi procedono per accumulo con accensioni e spegnimenti fulminanti, icastici e nello stesso tempo leggeri, luminosi e veloci.

Il ritmo è sostenutissimo e crea una vaga e intrigante musicalità. Le poesie sono sottese ad un forte fascino nel loro essere ben cesellate e costruite con rara raffinatezza. Tutti i componimenti sono senza titolo e questo elemento ne potenzia la carica di sospensione e mistero.

È presente il tema della natura che è tutta interiorizzata e rarefatta e spesso viene pronunciato il mare e il discorso è caratterizzato da una magia della parola attraverso il tono assertivo nel quale domina una grande precisione essendo tutte le parole incastonate secondo un ordine coerente nella pagina e nulla è affidato al caso.

Sembra che ogni unità minima nel congiungersi con le altre, costituendo i vari tessuti linguistici, sia come un tassello che si unisce con gli altri formando mosaici che hanno una vaga vena surreale.

Spesso entra in scena un tu del quale ogni riferimento resta taciuto che diceva non tornerò ma che rimane per sempre.

Tutte le composizioni, anche quelle suddivise in strofe, fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza e le stringhe di vocaboli sono sempre ben calibrate e i versi sono sorvegliatissimi e ben modulati intrisi del senso del passare del tempo che crea dissolvenza.

Domina nel discorso della Paganardi una notevole densità metaforica e sinestesica e vengono dette parole che esprimono sentimenti con rara capacità combinatoria come nella memorabile sinestesia invidia di cemento.

Nell’entrare nel merito del senso che la poetessa vuole dare al libro e per addentrarci nei meandri della sua poetica e del suo poiein, è fondante sottolineare che nel titolo è detta La regola dell’orizzonte.

È presumibile che qui Alessandra alluda poeticamente alle regole della vita stessa che ogni persona adulta deve conoscere per riuscire in quello che Cesare Pavese chiamava Il mestiere di vivere.

L’orizzonte stesso è di per sé qualcosa che s’intravede in lontananza e qui diviene simbolo del futuro che si apre ontologicamente dopo l’attimo.

Il libro è sapientemente strutturato architettonicamente nelle sue varie e articolate scansioni.

Si crea attraverso una parola vagamente neolirica una tensione salutare nel dispiegarsi dei versi che crea un effetto ammaliante per i loro fortunati lettori.

Ogni sezione è preceduta da una citazione da vari poeti come per esempio Paul Celan e non manca una vena mistica quando sono detti gli angeli guardiani.

Recensione
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