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Liberi di dire. Saggi su poeti contemporanei, seconda serie
Nella seconda serie di saggi sui contemporanei di Carlangelo Mauro ‒ che
riprende alcuni autori presenti già nella prima serie, del 2013, come Cucchi,
Piersanti, Fontanella, cui seguivano De Angelis e Neri ‒ sono trattati diversi
autori come Aglieco, Pagliarani, Giancarlo Pontiggia, Rafanelli. Sette poeti su
tredici risultano di origine campana, come Luigi Fontanella, salernitano, la cui
poesia è densa di riferimenti ai luoghi d'origine o al padre: «Sono ancora io
quel ragazzino / ritto davanti a te in lambretta / sulla discesa da Vietri a
Salerno?»; come Antonio Spagnuolo ‒ nel volume si pubblica una interessante
lettera inedita di Saba diretta a lui ‒ di cui si esplorano i rapporti nella
sua opera tra linguaggio poetico e linguaggio medico-scientifico, come in
Candida, in cui pure sono presenti versi al padre: «In ultimo mio padre /
mezza fiala di Noan / ed entra in coma», tema questo del padre che ritorna
specificamente nell'ampio saggio di Mauro sul recente oscar mondadoriano di
Cucchi.
Il discorso sugli autori campani è inserito nel quadro nazionale della
poesia contemporanea a partire dal rapporto che ogni poeta ha con il luogo come
motore dell'esperienza e della scrittura. Ciò riguarda sia autori di lungo
corso, come Ugo Piscopo, di cui viene trattata la produzione teatrale accostata
a quella poetica, con riferimenti al suo Presenze preesistenti, ispirato
a Pratola Serra, alle sue antiche costruzioni: «La pietra è radice / perduta
trovata»; sia autori più giovani trattati nella seconda sezione, come Domenico
Cipriano e il suo poemetto Novembre sul sisma dell'80: «trema la terra,
le vene hanno sangue che geme e ti riempie»; ancora Stelvio di Spigno, autore di
Formazione dal bianco, in cui appare la dialettica tra evocazione e
cancellazione del luogo di origine: «Il profilo di Napoli / scompare nella sua
distruzione». Il tema della dissoluzione, stavolta sul versante dell'identità,
della disgregazione dell'io, riaffiora nel volume Uno stupore quieto del
salernitano Mario Fresa raffigurato concretamente dalla perdita del corpo:
«Questo corpo disossato, quasi irreale, / che un tempo chiamavamo meraviglia».
In Olimpia di Luigia Sorrentino si coglie un attraversamento della
classicità, in cui si avverte il fascino della presenza implicita dei luoghi
campani della magna Grecia; dell'autrice vengono discussi anche altri testi
liberamente ispirati al sisma dell'80, come Le onde delle terra:
«l’esplosione ci raggiungerà forse dalla montagna». Diversi i rimandi interni
che si possono cogliere nel volume, che si apre con il saggio sul poemetto La
ragazza Carla di Pagliarani, come modello di riferimento del poema
epico-narrativo del napoletano Vincenzo Frungillo, Ogni cinque bracciate,
cui è dedicato il saggio conclusivo. Poema della dissoluzione del corpo,
concretamente e in senso allegorico, delle campionesse della DDR, vincitrici
alle Olimpiadi del 1980, ma imbottite, con l'inganno, di steroidi per «la luce
dei trionfi» del regime sovietico.
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Recensione |
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