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Ditirambi, lai e zagialesche,
tutti “in fila per tre, per le strade del mondo”, immedesimano radici
personificate, insite in antichi rituali pagani e propagate attraverso ballate
medioevali. Sono il sapore di un retroterra mediterraneo, anello dove coniugare
connotati e conoscenze di una cultura contadina scardinata da un erpice
livellante.
Giordano è ancora capace di trasmettere la poesia di una natura
tuttavia tracotante, ancora intrisa di suadenti effluvi di erbe selvatiche,
d’“uva settembrina” “bagnata dalla pioggia il giorno prima” e, naturalmente,
dell’ “odore del pane caldo”.
Il
glicine in terrazza
ritrae momenti di vita quotidiana scorrere dalla sua pergola lasciando sovvenire
pregresse stagioni che il poeta, leopardianamente, condivide.
Frequente è il
ricorso all’endecasillabo alternato al verso libero e vincolato a temi classici,
perlopiù bucolici.
A
Giacomo Giardina, poeta-pecoraio, viene dedicata una poesia, riferimento ad
un’integrità culturale perduta che riporta a Pasolini, qualcosa poi ravvisabile
soltanto ad alti livelli, ancora non adulterato attraverso la sottrazione
d’identità della società dei consumi.
Un
caso, quello di Giardina, assai interessante, con vicende alterne e perlopiù
legate alla figura di Marinetti.
Sullo
sfondo un mare nostrum che vede migrazioni da sempre, navi che partono da
Palermo e Napoli alla volta delle Americhe e “diseredati d’oggi | sui barconi alla
deriva”. Il tutto in tempi che segnano un “battito” per una popolazione che
“diminuisce”, svuota paesi con dialetti che muoiono “in bocca di chi parte e va
lontano”.
Restano
uomini che sostano fuori, sotto aureole di fumo “qualche attimo, beati”
d’interdizione. Scorrono scene di vita famigliare in cui l’attimo viene impresso
e condiviso affidandolo in uno sguardo. Bella è il cagnolino rinvenuto,
“cane o poesia” e “Il verso è soave luce | che fluttua lieve sulle parole”.
La
depressione è “un pensiero lungo che marcisce”, “verme putrefatto dentro notti
insonni”, l’animo che degenera decomponendosi “impiccato all’albero del tempo”,
mentre la mezzanotte è ancora occasione di un pudico spiarsi per acerbe
passioni. Memorie di “qualche liretta | per comprare riviste e nuovi dischi
| della
Premiata Forneria Marconi” meglio situano taluni retaggi giovanili. Leonard
Cohen, invece, è un malinconico vitto dell’anima che “casca/a fagiolo” da “radiodue”.
Sociale e religione interagiscono in un dubbio magistrale e, dall’assunto
cartesiano, riconducono a implicazioni trascendenti del pensiero agostiniano:
“penso, dunque sono minuscolo | granello di sabbia nella immensità, | sale che le
meningi spreme | nel caos e sulle forme del Signore”.
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Recensione |
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