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Dopo Fiore di
loto (1999) e I solchi dei giorni (2002) questo è il terzo libro di
poesia di Corsalini, senza alcun dubbio il più convincente e riuscito.
Il destino è quella
necessità che sembra predeterminare gli eventi umani prescindendo dalla volontà
dei singoli. Pochi concetti come questo appartengono al patrimonio culturale
dell'umanità: il tema del destino (anànke per i greci e fatum per
i romani) è largamente presente nella letteratura vetero-testamentaria, in
quella greco-romana e con valenze etico-politiche e religiose informa i testi
drammatici dalla tragedia greca sino ai nostri giorni. Chi può dimenticare il
lamento della Saffo leopardiana di fronte all'inclemenza del fato? E' chiaro che
la credenza nel destino ci fa sentire prigionieri in gabbia, totalmente incapaci
di dirigere e direzionare la propria vita. Tramontata la fiducia rinascimentale
di poterlo dominare è subentrato un atteggiamento oscillante e problematico: dal
nietschiano amor fati al quadro culturale attuale che considera perlopiù
il destino un'eredità del passato. Qui l'autrice si arrende alle incomprensibili
ragioni del destino, pur nella totale accettazione della scrittura come destino
("destino fatto di parole spezzate", p.38).
Il libro si
propone come una interrogazione/auscultazione del mondo interno e di quello
esterno. La maturità è l'età in cui si traccia un bilancio dei propri sogni e
delle proprie aspettative intorno alla vita, l'amore, ecc. Qualcosa del genere
avviene qui, compreso il filo di delusione che si accompagna inevitabilmente a
tale operazione. Ma resta ammirevole la capacità di guardare lontano, alle
sofferenze del mondo, anzi di sentire queste sofferenze come proprie. C'è anche
il lamento per l'ineluttabile trascorrere del tempo, con lo scambio dei ruoli
tra le generazioni (i figli alimentano ideali di rivolta sociale, ma poi
diventati padri attueranno un "ritorno all'ordine") ma l'entusiasmo per l'ardore
giovanile, per quell'elemento di sfida che caratterizza la gioventù
("immacolata", p.44) di ogni tempo ha accenti vivacissimi (Ora che gli
anni...II, p.23). A Corsalini sembra sfuggire tuttavia il declino delle
passioni civili e politiche delle nuove generazioni. In sintesi quindi parlerei
di acuto, lancinante e lacerante sentimento del tempo (da intendere come momento
storico), e pure della temporalità come flusso destinale che smorza e tronca
attese e speranze.
Corsalini trova
una forma espressiva perfettamente in linea con la sua percezione del mondo. I
13 componimenti assumono la forma del poemetto suddiviso in sezioni.
Il linguaggio,
con i suoi ritmi franti e i suoi toni incalzanti e fibrillati, ha il fresco
vigore dell'oralità e punta su una sintassi sciolta e parlata, oltre che su
riprese e ripetizioni enfatiche di forte e robusta suggestione. La tensione
lirica tiene dalla prima all'ultima pagina. La ricerca di armonia e decoro è
abbandonata a fronte di quel sentimento del tempo ci cui dicevamo: un tempo che
fa scaturire accadimenti più infausti che fausti. Questo lavoro poetico si
distingue nettamente nel panorama attuale, lontano com'è da certo intimismo
lirico, come da certa poesia disincantata e rinunciataria vicina al discorso
della prosa. Eppure c'è qualcosa che ha a che fare con la tradizione: è
l'appello al cuore perchè non si lasci piegare dal dolore ma reclami forte il
suo diritto alla felicità (" Ahi, cuore, dovresti anche tu fiorire e dire |
..... | Non dovresti lasciarti avvizzire dal dolore | ma urlare, | urlare il
diritto di fiorire in tempo di pace" (p.16). Questa apostrofe al cuore veicola
un'energia dirompente e rivela che Corsalini, assumendo su di sè tutto il peso
di una scrittura come destino, è cosciente che essa fondamentalmente è urlo –
non voce flebile – del cuore.
Due parole
infine sulle foto di T.Vaccaro. Sono bellissime con quel loro bianco e nero
smaltati. Non si limitano ad impreziosire il libro, ma si offrono come
correlativo iconico di precisi punti e spunti del testo. Felicissima in
particolare la foto di copertina, Il ritorno del soldato sconfitto. Vi
intravedo la verghiana simpatia dell'autrice per i vinti dal destino.
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Recensione |
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