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La donna del ventesimo secolo.
Dal charleston a Bella ciao II - Secondo Volume

Con un ampio apparato di note12 che accompagnano il testo, è da poco apparso il secondo volume de La donna del Ventesimo secolo, di Anna Gertrude Pessina, per i tipi dell’Editore Manni di Lecce. L’arco di tempo che viene qui preso in esame è quello che va Dal charleston a Bella ciao e considera pertanto donne quali Sarah Bernardt, che fu un’attrice di grande talento, tanto da sottrarre a Eleonora Duse la parte della protagonista ne La città morta di Gabriele D’Annunzio.

È interessante notare come attraverso le numerosissime Annotazioni la Pessina riesca a fornire una larghissima serie di particolari che illuminano e rendono appieno la psicologia del soggetto, inquadrandolo perfettamente nel momento storico in cui vive.

Famosa rimase la sua interpretazione della parte di Salomé, nell’omonima tragedia di Oscar Wilde, rappresentata a Parigi nel febbraio 1896, mentre Wilde era già in prigione.

Il vero grande amore di D’Annunzio fu però quello per Eleonora Duse (Vigevano, 1858 – Pittsburg, 1924), sbocciato a Venezia il 25 settembre 1895, all’hotel Danieli, sul Canal Grande; amore che li legò come una travolgente passione, sinché non subentrò nell’animo di D’Annunzio un nuovo amore, quello per Alessandra di Rudinì (1876-1931), una donna di classe molto più giovane della Duse.

Il rapporto tra D’Annunzio e la Duse si logorò tuttavia anche sul piano professionale, a causa della scelta, fatta dal poeta, di un’altra attrice, Irma Grammatica (18691962), per la parte di Mila di Codra ne La figlia di Iorio, il testo più alto del teatro dannunziano. La Duse lottò tuttavia a lungo per conservare il suo posto nel cuore del Vate.

Un’altra donna che emerse e fece molto parlare di sé agli inizi del Novecento fu Joséphine Baker (Saint Louis, Missouri, 1906 – Parigi, 1975), detta la Venere Nera, che divenne in pochi anni una vetta del Music Hall. La sua vicenda è narrata dalla Pessina per mezzo di un dialogo intitolato Joséphine Baker: la donna e la star, dal quale emerge viva la sua figura, nelle sue diverse sfaccettature.

Il fascino e la suggestione del tango, nato come il jazz e il charleston, agli inizi del Novecento e caduto in declino durante la Prima Guerra Mondiale, tornò nuovamente «in auge nel 1921, anno in cui Rex Ingram girò I quattro cavalieri dell’Apocalisse, con Rodolfo Valentino e Alice Terry». È questo un ballo il cui successo perdura sino ai giorni nostri e che ha avuto un non piccolo influsso sulla liberazione della donna del Novecento.

Altre importanti figure di donne nacquero poi in Europa in quegli anni, come Coco Chanel, stilista che contribuì con le sue creazioni «alla nascita di un tipo di donna moderna, pratica e disinibita». Di lei la Pessina ci offre un convincente ritratto in un’intervista intitolata Coco Chanel: l’amante e la creatrice di moda, in cui si parla della sua ascesa e della sua affermazione come imprenditrice, non trascurando nemmeno di far cenno al suo presunto collaborazionismo con i Nazisti, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un’altra stilista famosa per il suo «taglio in sbieco14» è poi Madelaine Vionnet, che si affermò comprando nel 1912 la Maison in Rue Rivoli, con la quale lanciò un nuovo tipo di moda per una donna trasgressiva e anticonformista.

Il «taglio in sbieco» fu il contributo più importante che Madeleine Vionnet diede alla moda. Consiste nel tagliare la stoffa in diagonale, cioè a 45° rispetto al verso della trama e dell’ordito.

Con l’acuirsi dell’«inquietudine economica ed esistenziale», a causa della crisi degli anni venti, nasce un nuovo interesse per scrittori quali Marcel Proust, James Joice, Virginia Woolf. Ed è proprio sulla Woolf che la Pessina si sofferma nella sua ricerca riguardante La donna del Ventesimo secolo. La Woolf fu infatti una donna che riuscì ad affermarsi come scrittrice dotata di una sua spiccata personalità, con romanzi quali Gita al faro, Orlando, La crociera, Le onde, nei quali notevole è l’approfondimento psicologico e la ricerca espressiva; scrittrice che viene qui presentata per mezzo di un’intervista intitolata Virginia Woolf: una stella all’interno dell’universo Bloomsbury, dalla quale la sua immagine emerge netta e compiuta.

Tra le donne di cultura del Novecento s’incontra poi in questo libro Selma Lagerlöf, che fu insignita del Premio Nobel nel 1909 e fu membro dell’Accademia di Svezia nel 1914. «Voce aurorale del Romanticismo Nordico» la definisce Anna Pessina, la quale evidenzia come le sia congeniale il mondo delle Saghe, tra le quali eccelle quella di Gösta Berling, che ha le caratteristiche di un «poema popolare».

Si affermano intanto le nuove invenzioni della radio e del cinematografo e nascono divi e dive, come Rodolfo Valentino, dalla vita breve ma intensa e Marlene Dietrich, famosa specialmente per la grande diffusione a cui portò la canzone Lili Marleen e per il vasto successo che ebbero alcuni film che la videro come protagonista, quali L’angelo azzurro (1930), Marocco (1930), L’imperatrice Caterina (1934), Capriccio spagnolo (1935), Vincitori e vinti (1961).

Una notevole «presenza scenica» dal «fascino magnetico» fu nel Novecento quella di Greta Garbo, che ebbe grande successo come attrice in film nel quali (si veda per tutti Gösta Berling, tratto dal romanzo della Lagerlöf) incarna una femminilità ambigua, «commistione di ardore e di calcolo», come acutamente osserva la Pessina.

Con l’avvento del Fascismo la donna assunse un ruolo subordinato alle direttive del Partito, che la volle disponibile ad indossare l’uniforme bianca per le parate paramilitari, ma soprattutto moglie e madre di autentici fascisti.

Tra le donne che assursero a grande notorietà in questo periodo sono da ricordare Eva Braun (amante di Hitler) e Claretta Petacci (amante di Mussolini). È da notare poi che in un clima di autarchia, nel quale la massima aspirazione era quella di poter guadagnare «mille lire al mese», alla donna si raccomandava l’austerità e la buona amministrazione del bilancio familiare.

Fu quella degli anni venti e trenta un’epoca nella quale ebbe molto successo il «romanzo rosa»; un genere in cui primeggiò Liala (pseudonimo di Amalia Liana Cambiasi) con libri di larga diffusione. A lei la Pessina dedica una lunga intervista, intitolata Liala: donna e Signora del rosa, nella quale ne approfondisce la personalità artistica e umana.

Nella sua intervista la Pessina comincia col ricordare che il nome di Liala le fu dato da D’Annunzio, durante una visita che lei gli fece al Vittoriale. Evoca poi quello che fu il grande amore della sua vita, Vittorio Centurione Scotto, un ufficiale delle Regia Aeronautica, perito in un incidente aereo nel 1926, morte che generò un trauma profondo in lei. Si sofferma inoltre sulle ragioni del suo successo, dovuto alla sua capacità di assecondare le segrete aspirazioni del suo pubblico.

Sono poi da ricordare tra le donne del Novecento quelle della Resistenza antifascista, tra le quali spiccano la nipote di Giacomo Matteotti, Francesca Leonora Fabbri, Iris Versari, Irma Bandiera, Carla Capponi.

Alle donne della Resistenza appartiene anche Nilde Iotti, che esercitò le funzioni di «portaordini» a favore dei partigiani, attività che consentiva loro di intrecciare «reti di collegamento strategiche e militari».

Terminata la guerra, la Iotti partecipò attivamente alla Commissione dei settantacinque, incaricata di redigere il testo della nuova Carta Costituzionale. Eletta successivamente al Parlamento, operò per l’emancipazione della donna attraverso opportune proposte di legge dirette a raggiungere la parità dei sessi.

Nota è la sua relazione con Palmiro Togliatti, il Segretario del Partito Comunista Italiano, che durò sino alla morte di lui, avvenuta il 21 agosto del 1964. Fu successivamente eletta Presidente della Camera dei Deputati (20 giugno 1979), carica che esercitò con fermezza e imparzialità e con quella saggezza che le fu riconosciuta anche da Giorgio Napolitano in occasione della sua morte (6 dicembre 1999).

Il libro della Pessina si chiude con un richiamo al noto romanzo L’Agnese va a morire di Renata Viganò, nel quale viene evocata la figura e la tragica fine di una donna avente le funzioni di staffetta partigiana. Numerose furono infatti le donne che trovarono la morte combattendo nell’Esercito per la Liberazione, come attestano le statistiche compilate dall’ANPI, secondo le quali ben trentacinquemila furono le donne partigiane combattenti, parecchie delle quali vennero arrestate e sottoposte a tortura (4.633) o deportate in Germania (1.890).

Termina così quest’ampia e coinvolgente carrellata contenuta nel secondo volume.

L’analisi del primo volume è stata fatta a suo tempo su questa stessa rivista ("Pomezia Notizie", Anno 27 (N.S., Maggio 2019). avente per oggetto La donna del Ventesimo secolo di Anna Gertrude Pessina che, partendo dal Cancan e dal Charleston, giunge sino a noi. La sua è stata un’analisi compiuta ed esauriente, che ci offre la possibilità di valutare con esattezza l’evoluzione della presenza femminile nella nostra società.

Ed è stata la sua certamente una ricerca di vasto respiro, compiuta con quella scrupolosa bravura e con quella serietà che da sempre la contraddistinguono e che danno valore e sostanza ad ogni suo lavoro.

Recensione
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