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Le poesie di questa raccolta, Multiforme bellezza, divisa in tre sezioni, hanno una loro connotazione innocente e sacrale, che le investe in elementi dialetticamente disparati e occasionalmente frammentati con risultati di straordinario interesse nella varietà delle soluzioni formali.

Nella prima parte, che comprende le sei liriche de «La Roma dei Borromini», si scoprono, nella durezza sfumata del lessico e nella mutevole aritmia del verso, dissolvenze di colore, irrequiete e mistiche scansioni, una ripetizione consumata ed attenta dei contrasti, dei paesaggi degli oggetti, segni della chiarezza in effetti mirabili ed in allusioni pregnanti. L'approccio alla preziosità dello spazio viene delimitato nella compenetrazione dei suoni e delle immagini, fino all'incisiva narrazione a lama aperta di coltello: «E' come un prezioso gioiello | che l'aria di Roma incastona | nei cerchi del triplice anello || – colonne, ali d'angeli, faci – | portate l'eccelsa corona, | raggiato trionfo alle audaci || fantastiche linee. Lo stelo | nel sole si schiara e traluce, | s'innalza e s'affina nel cielo, | a gradi sciogliendosi in luce» (Sant'Andrea delle Fratte).

Brevi, approdo assoluto di un equilibrio nell'itinerario della vita, le riflessioni purissime che troviamo in Quartetto: attimi di decantazione del tempo e delle cose, avvertimento che coglie il senso dell'andare per i sentieri infiniti dell'esistenza, scheggia che traccia rapido un dialogo nel moto antico della gioia e della malinconia, del dubbio e delle inascoltate certezze: «Struggente sera estiva che già imbruna, | e sottili incantesimi, e abbandoni | voluttuosi, e pigri indugi apporta, | e donne dolci come i.chiar di luna».

In «Dolce Terra » s'attorcigliano la passione, ia vitalità straripante della luce e del-la forza della natura, il sottile frangersi dei fremiti e delle emozioni, nel divenire costante del mondo, nella carica sensuale e fragrante del respiro delle stagioni: il verso si distende in musicalità piena e dinamica, in esaltazione armoniosa della sostanza e della parola, quasi velato richiamo a passi d'estrema creatività dannunziana. Le pulsioni della carne si trasformano in uno sguardo innocente e religioso della liberazione della vita nella sopravvivenza drammatica dei giorni: «Nel mare immerso, quasi mare io stesso, | gioiosamente nuoto in mezzo al fluido | cerulo abbraccio delle onde quiete, | e per le membra mi si spande un brivido | di voluttà, di forza, d'infinito. || Poi ne emergo, stillante, e sul tepore | della sabbia mi stendo, e il corpo nudo | morde tutto il sapore della terra. || Bocconi, gli occhi chiusi, | tutto intorno scompare. | Solo perdura, o mare, la tua musica».

La seconda edizione della raccolta Attese, che già abbiamo recensito sul nr. 1 di Alla Bottega (19995), ci viene oggi proposta ad una lettura che non può non trovare conferme: le densità della ricerca religiosa nello spirito di un mondo sovente gravato da un materialismo di puro consumo e abbarbicato soltanto alla vuota esaltazione del dio denaro, al piacere dissennato dei sensi, sviluppa infatti la trama inquieta ed insieme rasserenatrice di valori umili e tenaci, costruisce la misura di una progressiva conquista della ragione e della fede, proietta nell'involucro complesso dell'essere la tensione interna dell'animo umano, mai sazio, mai totalmente appagato nella fragilità del divenire.

Le poesie e le prose del volumetto hanno una loro originale continuità e di stile e di contenuti. La narrazione scorrevole e precisa evidenzia il rigore morale, l'immagine della vita fatta di limpidissima dignità, di passaggi tra l'attenzione alle vibrazioni dello spirito e la costante dimensione della realtà, nel bene e nel male, verità e fuga, abbandono o risoluta affermazione del vissuto.

Ferdinando Banchini, in definitiva, possiede la singolarità di una partecipazione colma di modulazioni, ricca di una sensibilità robusta, ma dolce, tenue nelle sfumate registrazioni dell'ansioso vivere quotidiano: «La pesantezza triste dissolvi intera | ch'è nelle cose, schiva gli agguati rapidi | dei sensi, i nodi tronca ingegnosi, sperdi | le esitante guardinghe o i festosi a schiera | avanzanti richiami, le spire districa | fantastiche avvolgentisi, i dubbi muta in vividi germogli, valica cupi | abissi cime solari, la chimera | ambigua di lusinghe dispoglia. Alfine | fervida e piana nel lago della sera | sgorga preghiera».

Recensione
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