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La raccolta
Si fa polvere il sogno, edita nella
collana «Poeti d'oggi» e corredata da disegni di Loengrin e di altri autori,
trova una sua collocazione nella discrezione di un mondo di sentimenti, di
emozioni, di partecipazione religiosa alle cose della vita: originalità,
comunque, non tanto nella decantazione fluida e misurata delle ansie quotidiane
quanto nella costante presenza di un paesaggio di fondo legato agli umili, alla
curvatura esistenziale di un ambiente elementare ed eroico nella fatica di tutti
i giorni: «Palpiti brevi avanti | a un provvisorio schermo, f poco dura il
riflesso delle azioni. | L'esigua nostra storia, o il lungo corso, | tornano nel
presente della mente | con imperfetti squarci, | e incrinati più spesso da
rimpianti. | Ma cade per ciascuno; | cadrà per tutti gli uomini lo schermo... |
Integro allora apparirà disteso | degli eventi il tessuto, | sopra un presente
immobile e perfetto | o sfilacciato penderà disperso | nella vacua caligine del
nulla».
Franco Orlandini trae, da una straodinaria capacità di
osservazione, incisivi elementi di meditazione e soprattutto evidenzia una
sottile perizia nel riprodurre, attraverso il gioco della memoria, atmosfere e
figure: in tal senso emblematica e limpida nel dettato poetico è la lunga
composizione «Per la morte della madre» nella quale la figura materna viene
tratteggiata con estrema delicatezza e sensibilità, nel susseguirsi di gesti, di
parole, di atteggiamenti morali che squadrano, al di là dell'archetipo
letterario, i contorni rigorosi e cari della vita familiare: «... Sempre più
lieve peso davi al suolo: | così parca ,nel cibo, | il primordiale latte | e il
pane ti bastavano | e di ogni stagione i dolci frutti...».
E si può d'altro canto parlare di parabola, morale, di
poesia che dissimula nelle pieghe un'allusiva e ideale cornice etica, lungo una
linea che, avvertendo il senso della vanità dell'esistenza, trasforma la
rassegnazione in intensa e significativa valenza di fede.
Franco Orlandini ci canta ancora di lirici abbandoni,
entro un intimismo recuperato ed essenziale nella misura: il vissuto si
rappresenta in un crepuscolare realismo, in dolente e innamorata affermazione
delle contraddizioni della vita, pronto a cogliere il malessere delle nevrosi
dei tempi: il poeta raggiunge, quindi, una esemplare linearità di stile, una
musicalità di tono e di ritmo che dona al verso una scansione espressiva e dalle
lunghe risonanze: «Più veri riverberano orizzonti | oltre la nuvola che ci
oscura; | oltre il fatuo brillio che si protrae | di straripanti immagini e
parole; | azzurri stormì scendono alle fonti | discoste dalle grate di ramaglie.
| Avvolge un grezzo involucro il reale | e a frangerlo ci spinge un chiaro
affiato... | Pur, dietro a un muro arido ritorna | spesso ìl cammino, e vi si
nasconde; | un groviglio di giorni più lo attarda, | opaco, allontanandoci dagli
altri, | se non lo scioglie volontà d'amore».
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Recensione |
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