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Questa raccolta di Filippo
Giordano, noto poeta e narratore siciliano, attraverso liriche edite ed inedite
scritte nel corso degli anni, racconta la terra dei suoi avi con versi limpidi e
pregni di genuino sapore contadino. Il centro della scena poetica è occupato
dalla zona dove è situato il suo luogo natio, Mistretta, paese dei nebrodi,
massiccio centrale dell’Appennino siciliano, sede di fitti boschi dalla natura
selvaggia ed incontaminata.
E proprio nella lirica
"Sulla
groppa dei Nebrodi" l’autore esordisce con i versi: “Piano si alza il
sipario” su quel lembo di territorio che costituisce una parte essenziale
della conformazione orografica del suolo siculo. Nello spettacolo che si snoda
lungo la narrazione lirica, prendono forma le scene bucoliche che hanno
caratterizzato la sua infanzia: giochi a filo d’acqua sul grembo dei torrenti,
pastori che, riparati all’ombra di rari ruderi, vegliano sul brucare quieto
delle pecore, distese di grano ai piedi di coreografiche presenze arboree. La
struttura della Sicilia viene paragonata a un triangolo dai vertici geografici
determinati dalla collocazione degli arti e della testa di ogni siciliano che vi
vive “un po’ crocifisso”.
Nel cosmo agricolo – pastorale
del circondario montano di questa suggestiva isola, tra le "Dissolvenze"
che s’inerpicano sul filo della memoria dell’artista, sopravvivono ricordi come
la precaria condizione sociale della popolazione contadina, lo sfruttamento del
lavoro minorile, la piaga dell’emigrazione con la conseguente attesa silenziosa
di chi resta.
Tutta l’opera, pur ricca di
sensazioni palpabili che ne colorano il contenuto realistico, è intrisa di un
alone di quotidiana ordinarietà: panni stesi ai balconi, le domeniche sempre
uguali con la Messa, la passeggiata per il corso indossando gli abiti nuovi e
dopo le donne che rientrano a casa per approntare il pranzo e gli uomini che si
siedono al bar con gli amici. E poi il breve ritorno degli emigranti per godere
di pochi giorni di ferie, stendendosi al sole come lucertole per
dimenticare “solitudini abbarbicate ai grattacieli”, mentre la calura
dell’estate, stagione che attira tanti turisti sulle spiagge della costa non
lontana tramite riviste che affollano di vacanze le pagine, sfibra la
gente del luogo insieme alla “Nenia di cicale” e al timore dell’arsura
della terra.
E ancora,
completano il mosaico di questo mondo contadino così caro all’autore, altre
variegate tessere come il vivace cromatismo dei ridenti orti, gli spensierati
riti conviviali collegati ai giorni dei “preparativi… e l’allegria nelle
botti” "Delle vendemmie", le tradizionali feste patronali e pasquali
con la folla “in processione dietro il Cristo”. Leggendo le poesie di
Filippo Giordano si avverte, attraverso una sorta di processo chimico -
sensoriale, il penetrante “afrore di zagare”, il dolce sapore delle
albicocche, il succoso umore degli agrumi, il tenue profumo di terra irrorata da
acqua di fresco ruscello. Un concerto della natura si leva da una terra che “materna”
accoglie i suoi amici e si spande armonioso dal sottozolla sino ai
gioiosi orti carichi di verdure, fino a sopra le cime dei ciliegi, dei noccioli,
dei mandorli, sempre più in alto, a sfiorare i picchi rocciosi dei Nebrodi e
che, pian piano, arriva fin lassù, nel cielo radioso della Sicilia. | |
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Recensione |
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