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Porto antico

La poesia è il linguaggio dello spirito, d’accordo; ma lo spirito che linguaggio usa? che cos’è lo spirito? Dal punto di vista poetico lo possiamo definire quel complesso di sostanze incorporee che raccogliendo gli effluvi più eletti delle nostre sensazioni sublima l’io e dà forma e principio alla vita. Più particolarmente complessa ci appare la risposta alla prima domanda in quanto, pur riconoscendo l’universalità della definizione da noi espressa dell’essenza spirituale, differenti e molteplici sono le forme con le quali lo spirito esprime il suo linguaggio; v’è in queste espressioni, tutte lecite e valide, una vera torre di Babele e sarebbe sciocco e presuntuoso, oltre che impossibile, penetrarle e conoscerle tutte, anche perché vi sono locuzioni che seppur espresse in forma comune variano nel loro concetto da spirito a spirito. E ci fanno ridere quei critici che di fronte ad espressioni assolutamente ermetiche pretendono di dare ad esse una spiegazione oggettiva con parole spesso ampollose e piene di artifici, elucubrando senza infine dir nulla. Diremo allora semplicemente che il linguaggio usato dallo spirito è quell’espressione propria dello spirito che la formula e di nessun altro, e che salvo i casi di significato evidente e penetrabile essa può essere spiegata soltanto coll’aiuto del soggetto che la incarna.

Siamo stati indotti a queste considerazioni dalla lettura di “Porto antico” di Lucia Gaddo Zanovello, un libro di poesie che ci ha lasciati sospesi per il suo caldo ermetismo rivestito di quella musicalità che nell’allitterata eleganza dell’espressione rafforza il gusto dell’indagine; e con questo desiderio di penetrazione si fa più vivo, quasi a voler scoprire le segrete bellezze di quel talamo spirituale espresso ma in maniera velata e sempre gelosamente custodito dalla Poetessa. E là dove le tendine di ricamo finissimo si allentano un istante, come in “Topazio”, in “Immagini” ed in “Addio”, noi scopriamo una piccola parte di quel mondo spirituale che vive nella poesia di Lucia Gaddo Zanovello e ne assaporiamo la verginea bellezza in purissimi squarci di luce: “… Davanti a Dio sarò donna domani / Ho ancora nelle dita il senso / dell’ultima bambola”.

E noi vorremmo essere l’ultima bambola per poter penetrare e comprendere tutte le sue liriche nel puro linguaggio del suo spirito; ma siamo soddisfatti lo stesso perché l’eleganza e la musicalità dei suoi versi continuano ad alimentare in noi il fascino di un’indagine permanente.

Recensione
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