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Quando ci accostiamo alla buona poesia, non possiamo non sentire che uno stimolo vivificante di sentimenti e di piacevoli sensazioni. È quanto abbiamo riscontrato leggendo il libro di poesie Risacca di Enzo Cavaricci, un autore laziale, i cui componimenti sono già apparsi su numerose riviste culturali e antologie, e che qui si avvale di un'attenta presentazione chirografica di Elio Filippo Accrocca.

Riteniamo che in tutte le pagine del volume alita un calore vivo, una musicalità senza cadute, una poesia corale, un alternarsi di suoni, di richiami, di motivi in cui si possono raccogliere impressioni, concetti, immagini notevoli: “Tante volte m'angustia | vivere a margine per questa palude | di pressapochismo... e d'inganni | Rutilanti simbiosi (ipocrite!) | lo sciorinare scomposto | di sorrisi divelti | col vuoto di dentro... ”.

In questi componimenti c'è una spontaneità e una freschezza appresa dai classici moderni: “stagioni-annate di mare e dune, col Circeo nello sfondo. L'occhio agli 'Ossi' di Montale. E il gioco sulla propria pelle, nella 'risacca' del tempo” come fa notare Accrocca.

Il filone centrale della poetica di Cavaricci è quello della vita vissuta, delle esperienze che non si possono scordare, ma entro questo cumulo esistenziale egli innerva rami universali, stati d'animo che possono essere di tutti, della comune esperienza umana: “E i sogni di ieri son fiori | appassiti... | già forse letame, chissà: | intanto si va | bleffato bleffando: | istrione... sorriso bugiardo. | Si va | trascinando | sindrome ansiosa | felcidiate speranze ruffiane”.

Non si pensi a questo punto che i versi di Cavaricci soffrano di paludamenti ornativi, essendo anzi essi essenziali e concisi, tratti con grazia e con perizia, come questi: “Qui | la carne chiama (e la mente) | ma la terra ladra ne inghiotte gli echi. | ...Riprendermi la sabbia | Prima che scenda nella gola della clessidra | e donarla a te. Allora potrei gustare (consequenziale | soddisfazione) il mio stendardo al vento: | al balcone dei deboli respiri”.

Queste poesie (è innegabile che ognuno traduce se stesso e traspone problemi, assunti e situazioni che gli sono propri) costituiscono un personale abbandono dal quotidiano della vita e diventano il momento in cui l'artista si interroga e si confessa: parla di sé, cerca un colloquio, crea immagini.

Cavaricci s'impone all'attenzione dei critici, oltre che dei lettori (ai quali, cosa rara per i libri di poesia, sono destinati), perché scandisce i suoi versi senza annegarli nel proprio lago amaro ed intimistico.

Egli ci dà una testimonianza che il tempo sembra far scivolare fuori dalle grandi vie dei “traffici” letterari, ma che invece resta, contribuendo a far crescere la poesia, anche se la produzione di questi autori, sconosciuti al grande pubblico, viene, a torto, bollata come “minore “.

Recensione
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