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Oggi, non è tempo di fiaba. E’ un
genere ormai in disuso. E’ considerato lontano e fuori dagli interessi dei
minori, tanto è vero che prolifica certa narrativa fuorviante perché ricca
di scenari guerreschi dove la retorica della violenza la fa da padrona. Il tutto
in una persistente forma diseducativa.
Roberta Degl’Innocenti,
che già abbiamo ammirato per precedenti opere di poesia e narrativa, si pone
controcorrente ed affidandosi alla carica di fiabe non mielate, pubblica una
raccolta che costituisce una preziosità nel panorama della narrativa moderna e
si affida a pagine dove “la fiaba ha come protagonisti esseri umani e
soprannaturali (maghi, fate, streghe, gnomi) e non solo animali”. I personaggi
si elevano a voci viventi con un viaggio sospeso tra il reale e l’immaginario,
un viaggio che si para di fronte alla storia, alla morte, al destino, alla
solitudine, al dolore, alla necessità. E la parola nuda e cruda, precisa il suo
essere tra incanto e perdita. Paure, solennità, il farsi medesimo del vivere. Il
disfarsi del mondo, tagliano e alleggeriscono le parole. Intanto, portano, poi,
il suono del loro vuoto in una abbacinante, dolente, laicissima preghiera.
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Recensione |
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