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Due
sono le parti che compongono questa raccolta che divariano tra pubblico e
privato per proiettarsi in dimensioni garbate anche verso la propria terra
natale, la Lucania, con un canto leggiadro e lucido insieme. I tanti tasselli,
poi, confluiscono in un linguaggio dove i segni della realtà si identificano nel
vivere di tutti i giorni e nei giochi memoriali.
In effetti, la scrittura poetica di Giovanni Di Lena procede costantemente in
bilico tra propensione al canto e riserbo pudico della parola, tra sottile
equilibrio di una necessità referenziale e una cautela comunicativa, segnina: e
tutto è originale nello stile, delicato e quiasi impalpabile nel suo registro
verbale, fatto di allusioni, slittamenti semantici, attraversamenti coscenziali.
Ed il sentimento che guida il poeta è un sentimento non di vuoto, ma di
perplessità e coinvolgimenti: ed i segni castigati da una volontà di riemersioni
si aggirano per sentieri di luce entro cui la bellezza dei canti affascina e
conquista, anche perché si effonde tutta in pura trasparenza.
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Recensione |
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