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Poesie che si fanno rileggere
mentre, dolcemente, trasportano fra luci, suoni, colori divenuti linguaggio,
respiro, sofferenza e canto della foresta amazzonica, della sua vita, della sua
arcaica religiosità e dei suoi mutamenti. ‘Açai sugli alberi, nella terra ombre
di animali, nell’acqua il vento’, fragori di fiumi e di cascate, giungla,
giaguari, brusii di radici. Anche quando la ‘Madre d’acqua’ pensava di ‘dormire
nel nido della terra ma così non fu’ (…) e ‘I sogni vanno alla deriva’ o ‘La
pioggia ha sapore amaro’, parole meravigliose, come implorazioni, evocano
fiori,alberi, divinità, mistero, tutta la sacralità dell’esistenza.
Struggenti
fascini ritmati in versi materializzano visioni di fauna, flora, gente, nel
ricordo della nonna paterna india, la prima persona a raccontarle i miti, il
delfino rosa, la sintonia con la foresta. Memoria emotiva e culturale, mondo
ancestrale e contemporaneo si fondono nel lirismo celebrativo di un eden
tropicale inviolato che assiste alla sua progressiva rovina. L’impegno a
preservarne il patrimonio dalle minacce di una civilizzazione esasperata dove i
più indifesi, i bambini di strada, vivono in un ben diverso scenario, ispira
tutta l’opera di Màrcia Theóphilo. La sua casa è il pianeta Terra, la poesia la
sua preghiera che, leggera, giunge all’anima profonda della foresta dove il
popolo sa descrivere le sfumature e i significati del verde in sedici modi
diversi. ‘Distrutti gli uomini che erano capaci di scorgere sedici modi
d'intendere il verde, distrutta ogni possibilità d'incontro con loro – dice la
poetessa in un’intervista – resteremo per sempre esseri umani per cui il verde è
solo verde. L'umanità avrà guadagnato in velocità di movimento, ma chi può dire
che il movimento sia più prezioso di questo colore'. Márcia Théophilo, in
'Amazzonia oceano di alberi', con grande sensibilità ambientalistica, ha anche
dedicato una sentita ed emblematica lirica alla città dell’Aquila colpita dal
terremoto, creando un ponte ideale fra due paesaggi identitari tanto diversi,
certo, ma accomunati nella stessa tragedia di perdita e distruzione: ‘Si
mescolano preghiere nel disordine | portate dal vento | nuvole arenose | create
dalle mani dell’uomo | illogica selva di fili e pulsanti automatici. | Costruiti
nel ferro assieme alle macchine | uccelli cantori impazziti | pensano con il vento
e vanno le foglie | Alberi! Io vi chiamerò per nome: | Claraybas, Maçaranduba,
Jacarandà | Pitanga, Araçà-mirì, Ibirapitanga | E Acero Montano, Faggio, Roverella
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Quercia, Pioppo, Olmo Campestre’ canteranno tutti assieme.
23/08/2011
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Recensione |
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