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Quando eravamo “remigini”
Quando arriva il primo ottobre, per intere generazioni si rinnova
idealmente il rientro in modalità "scuola", perché ci sono consuetudini radicate
nel vissuto personale. Fino al 1977 la scuola iniziava per tutti il primo
ottobre e i bambini che entravano in aula venivano chiamati "remigini",dal
momento che questa data è la ricorrenza di San Remigio.
Pensando a quei tintinnii di campanelle, sembra di ricordare vicende
lontanissime. E lo sono, infatti. Pur essendo cambiato quasi tutto, una cosa
però è rimasta invariata: l’emozione.
Nelle elementari d'altri tempi si imparava a leggere, scrivere e far di
conto. Si studiavano religione, storia, geografia, geometria, ginnastica. E le
poesie, le coniugazioni dei verbi e le tabelline a memoria. Come dimenticarle!
Era obbligatorio indossare il grembiule nero con il colletto bianco e il fiocco
blu, il banco era di legno con un foro sul piano a destra per il calamaio e
aveva due sedie unite ribaltabili. In prima si iniziava con le aste, i
quadratini, i cerchietti, poi si passava alle lettere dell'alfabeto e ai disegni
tipo casette, alberi, bandierine e cosi via. C’era un libro di testo, il
"sillabario", per ogni anno ed erano sufficienti un paio di quaderni
dall'austera copertina nera e profilatura rossa, uno a righe e l’altro a
quadretti, diversi per rigatura e quadratura a seconda delle classi. In un
astuccio di tela o legno i più fortunati tenevano, oltre alla cannuccia e ai
pennini da intingere nell'inchiostro – stando attenti a non spuntarli per non
macchiare le pagine – la matita, la gomma, il temperamatite e i pastelli
colorati. Indispensabile era la carta assorbente per asciugare la scrittura.
C'era una sola maestra (o maestro) severa ma brava, che insegnava tutte le
materie e i sussidi didattici consistevano in un'enorme carta geografica e nella
lavagna nera con i gessetti bianchi. Ora è bianca con il pennarello o
multimediale. Le cartelle erano di cartone, niente a che fare con gli attuali
zaini colorati alla moda. Così come c’era un solo bidello (o bidella) che teneva
in ordine le aule e, all’occorrenza, passava per le classi, affollate e
pochissimo miste, a riempire i calamai. La lezione iniziava con l’appello e gli
scolari, in silenzio, si alzavano tutti in piedi in segno di rispetto quando
entrava l’insegnante. Alla fine di ogni trimestre veniva consegnatala pagella
con i voti delle materie scritti in bella grafia. E c’era pure il voto di
calligrafia! Molti i compiti da fare a casa, la tivù era agli esordi e si
ascoltava la radio, allora. Il passatempo consisteva nella lettura del "Corriere
dei Piccoli" e di "Topolino". Chi vuole rituffarsi nella magica atmosfera della
fanciullezza, può fare una capatina tra le bancarelle di un mercatino di cose
antiche o, semplicemente vecchie, per ritrovare gli oggetti di quella
quotidianità. Le correzioni venivano fatte rigorosamente con la
matita rosso-blu: altro che biro colorate! E i monelli puniti in vari modi,
anche con umiliazioni fisiche, del tipo restare in piedi dietro la lavagna, note
di demerito, esercizi aggiuntivi e via dicendo. Non c’erano mense e la merenda
si portava da casa nel cestino, giusto il tempo di consumarla nel breve
intervallo. Insomma, gioie e rimproveri, punizioni e ricompense per conquistare
un’istruzione e musi lunghi se qualcuno non aveva terminato il terribile libro
delle vacanze. Ma l’autunno sembrava prodigioso mentre il tempo scorreva
lentamente…
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