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Sbarco clandestino
In Sbarco clandestino, Dante Maffia,
come dall'introduzione di Lina Sergi al libro, ripropone "un mondo di esclusi,
di invisibili, di dimenticati, e lo fa schierandosi, senza reticenze, senza
mezzi termini, col coraggio della parola, che qui è anche ‘logos’, bisogno
prepotente di conoscenza…". Un canto appassionato d’indignazione, dunque, verso una società che dimentica gli svantaggiati, e dove la voce poetica si fa
eroica consapevolezza, condivisione a immagine e somiglianza con l’altro da sé.
"Senza bussola. | Affidati a un vecchio motore | per spingere la
carretta. | Destinazione ignota.": sono gli emblematici versi dell’incipit del
poemetto, la voce di una solitudine di carne e d’anima affidata alle probabilità
della vita di arrivare, con la speranza che si plachi la tempesta, sia essa
interiore o tangibile. E quando tutto muta in "ombra che dilaga | al cospetto del
nonsenso" o "le parole | sono ancora più vacue di quel vento | che a ridosso di
favole s’è sfatto | in un azzurro putrido", o ancora, fiocchi di neve cadono "a
precipizio sulla tomba", “corri, va via”. Frammenti di vita che "divorano acqua
santa e pulviscolo | lacerano la vastità la rendono sorella".
Se della storia d’amore il volo fu rapido e secco il tonfo, se "l’Angelo è
rovinato fuori dal mistero" tuttavia "la pervinca negli occhi si fa
soffio...", poesia capace di riscattare ogni disinganno, di porgere al "che
fare …" una stella caduta sul prato,un porto sicuro.
13 marzo 2012
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Recensione |
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