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Silenzi d'amore
Silenzi d’amore: travagli che custodiscono segreti,
virtù, emozioni, attese, sacrifici di cuori di donne, alter ego di
universi maschili, spesso omologati in ruoli profondamente discordanti dalla
composita interiorità femminile.
Quell’interiorità coraggiosa o rassegnata, ma capace
di ricomporre i tasselli del puzzle dell’esistenza disfatta dalle
ingiurie e dai fatali scontri d’anima con un cemento d’amore "anche quando la
strada è totalmente in salita". Se gli uomini sono virilità, le donne sono vita
che rigenera la quotidianità, spesso nel primato del perdono sull’oltraggio,
perché "il perdono non è, come credono in tanti, la sconfitta dell’orgoglio ma
la vittoria della maturità". La cronaca nera ci ha abituato a casi limite di
tragiche situazioni di debolezza esistenziale, ipocrisia, compromesso, viltà,
totale mancanza di rispetto per l’altro da sé, tuttavia è pur vero che non sono
solo i ruoli o il degrado etico a trasformare un uomo buono in cattivo, esiste
l'errore, la latitanza di responsabilità con devastanti conseguenze.
La narrazione si dipana attraverso la storia di una famiglia benestante, da una
società postbellica del sud d’Italia con parentele decimate, campi abbandonati,
paura e dolore in ogni casa, fino ai nostri giorni, in cui le pur difficili
vicende dei protagonisti non offuscano mai i valori fondamentali né la capacità
di resistenza delle donne, che sanno farsi determinante certezza per uomini
prostrati dalla fatica del vivere.
Ricordi di segni di croce davanti a zuppiere,
emblematici sguardi, il papà servito per primo, soffitti arabescati d’azzurro,
scialletti e materassi rigorosamente di lana, profumo di gelsomino, lenzuola
ricamate, ampi balconi siciliani dove le donne conversano fra panni stesi,
raccolte di olive, frittate di patate e cipolle, o la sera intorno al fuoco
prima che il buio raccolga tutti in un unico abbraccio. E poi Fido il volpino
rosso, la tartaruga Calliope: è lo spaccato di un’epoca che, comunque, ha
gettato le basi del nostro presente. Su tutto sovrasta un dolore profondo,
quello che consuma, che mette a dura prova i sentimenti e la capacità di
viverli: una verità occultata nel nome di un frutto d’amore, di una bimba che
non avrebbe potuto sopportarne il peso.
"Ci sono voci che dentro di noi urlano con il loro
silenzio più che con le parole e fermarci ad ascoltarle può cambiarci la vita"
che "non è là dove siamo nati, ma in tutti i posti in cui siamo stati, in cui
abbiamo amato, in cui abbiamo perso, in cui abbiamo conosciuto il meglio e il
peggio di noi stessi, laddove abbiamo costruito quello che era il sogno di
ciascuno di noi".
Dai silenzi, dalle assenze, dai dubbi, dalle
ambiguità possono nascere opprimenti strazi e sensi di colpa, perché il non
detto continuerà a bussare alla porta del cuore "aspettando che si apra".
Accogliere anche le apparenti interruzioni del proprio cammino non esprime una
sconfitta, bensì il recupero di un respiro per il raggiungimento di nuove mete.
Infine l’orizzonte si schiarirà alla luce negata per riannodare quel legame
incancellabile d’amore che stringe un genitore alla propria figlia, oltre ogni
fallimento e speranza frantumata: "il valore di ciascuno di noi si misura dalla
capacità di affrontare l’imprevisto, di non rinunciare ma soprattutto di sapere
accettare le proprie debolezze, che sono la parte più vulnerabile ma anche la
più bella".
Se è proustianamente vero che ogni lettore, quando legge, legge se stesso, i
"silenzi d’amore" di Caterina Guttadauro La Brasca restituiscono tempo ritrovato
alla magia di quelle emozioni che, forse, senza lo specchio di queste pagine,
resterebbero celate anche a noi stessi.
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Recensione |
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