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Storie altre: pagine che testimoniano non solo la memoria di uno
spaccato storico, ma anche un'analisi interiore di profondo significato emotivo.
L'autrice descrive, con accento intensamente lirico, momenti di
esistenza vissuta, scenari dolorosi di guerra, di emigrazione, del mondo
contadino, marinaresco o cittadino, dove si muovono personaggi il cui vissuto e
la cui condizione umana si ricompongono sempre, attraverso la vis poetica
e la particolare sensibilità dell’autrice, in un sentimento di autentica
compassione, nel suo più vero significato di ‘patire insieme’.
Questa raccolta rievoca istanti fuggevoli, suggestioni d’altri tempi,
immagini ambientate in un Abruzzo che sembra scomparso, restituendolo, così, al
nostro millennio nei suoi valori e umili eroi quotidiani. Basti pensare alla
storia di Birillo, il cane ‘scemo’ che infine salva il giardiniere e diventa
prode, il compagno di giochi dell’autrice da bambina nel suo Eden delle
meraviglie.
Un ricordo semplice per la consumistica società moderna, ma così prezioso, così
importante per chi l’ha vissuto – all’epoca in cui sono ambientati i racconti –
come un riflesso dell’anima che illumina gli eventi contemporanei e tramanda
quanto appreso dai nonni, dai genitori, dagli amici di famiglia, o anche dagli
estranei, con tutta la sensibilità dell’autrice. Ogni episodio rivela una
felicità, ma soprattutto un dolore spesso oggi ignorati: lo strazio del
conflitto bellico, la fame, il rapporto con la terra scandito dalle stagioni,
quando la povertà tuttavia non pesava. Beatrice Marchegiani descrive
immagini ambientate anche nel territorio della Majella, la prima presa di
coscienza della morte, le emozioni della natura, persone e situazioni rimaste
impresse a fuoco nella memoria. Tutto rivive e sfolgora di luce propria. E non
manca un’attenzione ambientalista, come nel racconto Attenti al lupo, il
contro-eroe a rischio d’estinzione, né riferimenti introspettivi e
psicanalitici quali in Una donna allo specchio o, ancora, in Un
ricordo di fine estate, emblematico della capacità di sofferenza e
rigenerazione femminili. Rimandi densi di lirismo, accesi di speranza e al
contempo spenti da una quotidianità ostile.
Ogni racconto offre uno spunto per un romanzo breve, un quadro: in una
Castellamare Liberty, con via Ponterosso, o nei paesaggi incantati dell’Abruzzo,
fra grembiuli neri e fiocchi blu, letti d’ottone dipinto, paralumi plissettati,
argenteria di nozze, stelle alpine sotto campane di vetro su mobili d’epoca,
bande di ragazzi sulle macerie del dopoguerra. E, in tempi più recenti,
l’emblematica Grazia, immortalata in tutto il suo aspetto androgino dallo
scultore Vicentino Michetti, il medico-padre-amico-santone, la badante giunta
dalla sua lontana terra d’origine ad aiutare la solitaria vecchiaia della
signora che, Dalla poltrona, ricorda la sua esistenza nella penombra del
soggiorno, fino ad arrivare ai nostri giorni fatti di supermercati, di
teen-agers senza credo.
Tutto si ricompone, a mio
avviso, nell’ultimo racconto, Un giorno di ‘garbino’, in quelle memorie
struggenti evocative di fantasmi d’amore, nel profumo d’incensi, canti e statue
di santi, nella devozione della festa della Madonna dei Sette Dolori che
restituisce significato a una storia ancestrale di amore e morte e che, nel
cuore di Beatrice Marchegiani, si veste, comunque, dell’azzurro e del
verde del suo mare, della fede e della speranza della sua religiosità.
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Recensione |
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