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I versi di Mandolini compongono, di fatto, un poema sfrontatamente algido nella sua apparente sicurezza affabulatoria e nella sua malcerta vocazione metafisica. In altre parole, quello che appare evidente - fin dal titolo - è il tentativo di non farsi del male, un meccanismo difensivo che circonda il contenuto doloroso con spirali di versi ora virtuosistici, ora quasi prosastici.

Lo stesso autore, in una stringata nota di presentazione, parla di disagio, la dura pena di vivere ed il profondo senso di solitudine dei quali si alimenta la "storia" che questo libro racconta. Un attonito ritrarsi di fronte al calore che prosciuga, apre lo sguardo - finalmente protetto da un eccesso di luce - e ricompone memorie ben nascoste ma sempre presenti. E' di questi passaggi che si alimenta la poesia di Mandolini: è la scoperta di un "diverso chiarore". Ma potrebbe anche essere il pericoloso crinale melanconico che separa a fatica la morte e la vita. Una debole luce attraversa queste strofe rilkianamente necessarie, un calore appena accennato rianima il ghiaccio in un'acqua che scivola via e cade. Ogni destino, poi, si lascia | ancora fluire verso | un crepuscolo di dubbi...

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