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Con la famiglia, in Polonia
“Io nacqui italiano… e morrò per la grazia di Dio europeo quando
lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo”. E’ questa
l’affermazione che spesso fa capolino alla mente (naturalmente parafrasando
Ippolito Nievo e debitamente adattando il celebre esordio de Le confessioni
d’un Italiano all’attuale evoluzione politica) ogni volta che
mi accingo a visitare qualche nuovo paese europeo. Ma stavolta è diverso: sono
lontani gli anni in cui ogni viaggio della famiglia era un azzardo che
comportava una serie infinita d’incombenze e di preoccupazioni. Stavolta la meta
è la Polonia e all’organizzazione hanno pensato le figlie con i rispettivi
mariti: prenotazione alberghiera, dimensione dei bagagli, check-in on line,
guide turistiche, persino una “stampata” di esperienze e consigli di anonimi
turisti dedotta via-Internet… Il mio unico compito è di non dimenticare a casa
un foglietto compilatomi da una gentile conoscente polacca con alcuni termini
linguistici essenziali per la sopravvivenza, soprattutto alimentare; per il
resto, con la moglie, ci ritroviamo ad essere beatamente passati dalla
condizione di genitori “badanti-full time” a quella di “badati” ma
neanche troppo…
Nel tardo pomeriggio siamo a Cracovia. Il cuore pulsante
della città è la vasta piazza del Mercato Centrale con le sue geometrie, la sua
animazione, i suoi colori e i suoi profumi assai stimolanti per i succhi
gastrici. Al centro della piazza si sviluppa la prolungata costruzione del
mercato dei Tessuti, sorta di vivace bazar di stoffe e di oggetti d’artigianato,
più in là, la torre del Municipio, che pende un po’, ma meno rispetto a quella
di Pisa. Tutto intorno, a corona del centrale monumento al poeta romantico Adam
Mickiewicz, è una serie di eleganti palazzi, sovrastati dalla chiesa romanica di
Santa Maria dalla facciata asimmetrica, il cui presbiterio ospita un mirabile
altare mariano ligneo, capolavoro di Veit Stoss.
A passeggio per le strade del centro, arrivano le note
degli artisti di strada che con discrezione tengono viva la tradizione musicale
del paese di Chopin, mentre ogni cinquanta metri, la cattolicissima Polonia
esibisce al visitatore maestose chiese che si sviluppano spesso in una
movimentata sovrapposizione di stili.
Il giorno successivo è dedicato alla visita del monumentale
Wawel, col Castello Reale e la Cattedrale, in cui quasi tutti i re polacchi
furono sepolti e dove, il 2 novembre 1946, l’allora sacerdote Karol Wojtyla
celebrò la sua prima messa. Nel pomeriggio c’è tempo anche per la fiabesca
visita alle miniere di sale, nelle viscere della terra, dove il salgemma è la
materia povera portata alla sua massima potenzialità espressiva dal virtuosismo
di anonimi scultori.
Alla sera, al ristorante dal colore locale, non mancano i
classici Pierogi (specie di ravioli a forma di semiluna), la tipica Zurek (zuppa
di farina di segale) e carni di vario tipo, con accompagnamento di Piwo (birra)
e di buona musica.
L’indomani, domenica, dopo un trasferimento in minibus,
siamo ad Auschwitz. Su tutta l’area, nonostante i numerosi gruppi di visitatori,
regna un silenzio irreale. Abisso di dolore, abisso di ferocia: ci si vergogna
di appartenere al genere umano. Durante il percorso, le parole che campeggiano
sopra il cancello d’ingresso “Arbeit macht frei” (“Il lavoro rende liberi”) sono
pian piano sostituite nel nostro cuore dalle parole di Cristo sulla croce: “Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Qualche ora più tardi, sulla spianata
di Birkenau, un tiepido sole splende sull’agghiacciante, ordinata disposizione
delle baracche e sulle macerie dei forni crematori.
Sull’autobus di ritorno per Cracovia abbiamo tutti
l’espressione un po’ assorta e un senso di oppressione che si attenuerà solo più
tardi, alla Messa, con la recita del Padre nostro, proprio meditando le parole
“sia fatta la Tua volontà come in cielo, così in terra”. Forse così sarà per noi
possibile capire.
L’ultimo giorno,
dopo una breve incursione nel Kazimierz, il quartiere ebraico, ed una visita
alla grande sinagoga Izaaka, c’è tempo solo per l’ultima passeggiata lungo
l’elegante via Florianska e per gli ultimi acquisti prima del ritorno.
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