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Firenze Calpestata
Roberto Mosi Poeta-Fotografo
Roberto Mosi, ex dirigente per la Cultura della Regione Toscana, ha
pubblicato Raccolte liriche — Parole e paesaggi (2006), Itinera (2007),
Florentia (2008),
Aquiloni (2009), Nonluoghi (2009), Luoghi del mito (2010),
L’invasione
degli storni (2012), Concerto per Flora (2013) — intrise di Poesia civile,
non trascurando, da attento reporter, l’orizzonte più ampio dell’era globale ai
tempi della rivoluzione informatica. Dal 2009 ad oggi si presenta nella veste di
fotografo, cultore del fascino interattivo fra le Arti, allestendo Personali di
rilievo presso spazi pubblici e privati nella città, esponendo repertori di
stampe in digitale che attestano il legame instaurato tra il verseggiare poetico
e l’equivalente figurativo dell’immagine fotografica, nel processo di selezione visivo-ispirativa offerta dal reale.
Gli stessi titoli assegnati ai cicli fotografici dimostrano quanto articolati
siano i percorsi iconografici messi in atto, secondo uno stile di classica
efficacia visiva nelle trame del bianco e nero o nell’iridescenza del
colore, giocando in un ruolo ludico la vena dello straniamento creativo,
nella focalizzazione della visione insolita sul piano analogico-evocativo:
"Non luoghi" (2009), "Mitomosi" (2011), "Miti in Florence" (2012),
"Tracce - La Galleria fotografica sulla strada" (2013), "Firenze riflessa"
(2013), "Firenze, dalle vetrine alle periferie" (2013), "Firenze, contrasti"
(2013), "Firenze calpestata" (2014), allestiti
presso la Biblioteca di Palagio di Parte Guelfa, Hotel Cellai, Villa Arrivabene,
Caffè Serafini a Firenze; Estate Eclettica a Bivigliano.
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Recuperare le coordinate
storiche nel presente è un leitmotiv persistente nella ricerca di Roberto
Mosi al fine di restituire una coscienza critica vigile, disposta a costruire le
basi per un solidale futuro, facendo appello al sogno ed all’utopia che traggono
forza rigenerante nel simbolismo del Mito e nella metafora della vita-viaggio
come rivelano le foto dedicate all’immaginario onirico-scultoreo dell’artista
belga J.Michel Folon amato dal poeta ed ai numerosi scorci contemplativi di
presenze statuarie e dettagli scultorei di rivisitazione neoclassica e
contemporanea in luoghi noti del capoluogo toscano.
La dimensione urbana,
con i suoi insediamenti e monumenti storici insigni, in versione diurna e
notturna nell’atmosfera di accesi tramonti, è al centro del suo interesse
speculativo e fotografico vissuto nel rapporto dialettico con le periferie, in
forza del disorientamento operato dai “non luoghi”, cementificazione e
massificazione, secondo il concetto coniato dal sociologo Marc Augè, inducendo
riflessioni del fruitore sulle nuove modalità di identità, aggregazione sociale,
appartenenza multiculturale nei tempi odierni dell’abitare, transitare,
comunicare attraverso i social media, esprimersi e consumare nel III^ millennio.
L’affezione per Firenze e la sua memoria storica esemplare, quale terreno
fertile di idee, spazia dalla cultura umanistico-rinascimentale all’avvento
della Resistenza-Liberazione contro il Nazifascismo, dallo slancio ricostruttivo
del secondo Dopoguerra al ruolo imprescindibile di icona odierna del turismo nel
mondo, grazie al glamour scintillante della moda e delle griffes internazionali
al cospetto delle antiche vestigia. Contesti attuali da cui nasce un altro
fulcro ispirativo di opere fotografiche in cui si affacciano profili di
manichini femminili prospicienti e di oggetti esclusivi che si stagliano nelle
vetrine, effigiati sotto l’effetto di sapienti riflessi icastici e sovrapposti,
catturati con perizia dall’obiettivo.
La Mostra “Firenze calpestata” - dal 1 al 30 settembre presso l’Hotel Cellai a Firenze - richiama
nuovamente l’attenzione sulla città e la conservazione delle sue plurime
fisionomie storiche, silenti sotto il calpestio inconsapevole dei passanti, come
la significativa lapide in Piazza della Signoria, sui lastricati della tipica
pietra serena, dedicata al luogo in cui - il 23 maggio 1498 - fu condannato al
rogo per eresia il monaco domenicano Girolamo Savonarola, definito dal
Machiavelli “Il Profeta disarmato”, che con le sue prediche infuocate intese
moralizzare i costumi ed il clero contro la corruzione del tempo.
E’ nel culto
irriducibile delle sedimentazioni storiche che Roberto Mosi ci offre una
disincantata campionatura di rapide inquadrature fotografiche di figure,
sorprese in inediti scorci dal basso, nella dinamica degli arti inferiori,
nell’azione del camminare, correre, stazionare. Il fatto storico evocato diviene
il monito performativo attualizzato attorno al quale ruotano nella postmodernità
una galleria di persone/personaggi: il/la turista, i figuranti
(il capitano del
Popolo/i soldati), il maratoneta, i podisti, la studentessa, la ragazza dai
tacchi alti, la posa spensierata di una bambina, i vigili urbani, l’operatore
ecologico, l’operaio, le zampe di un cane, la carrozza trainata dai cavalli,
per disegnare sulla mappa cittadina la vita brulicante dell’oggi, che vive, si
agita, attende, lavora e spera nei cambiamenti.
E’ in gioco la vitalità
segreta di un patrimonio storico continuamente da riscoprire ed apprezzare per
arginare l’anestesia liquida della dimenticanza, nel rischio dell’eterno
presente. Una collezione di opere fotografiche persuasiva dunque per l’impegno e
l’intenzionalità estetica delle sue motivazioni propositive che fa dello scatto
digitale il prolungamento educativo di un’idea-immagine, “dispositivo di senso”
individuale e collettivo.
Una collezione di opere
fotografiche persuasiva dunque per l’impegno e l’intenzionalità estetica elle
sue motivazioni propositive che fa dello scatto digitale il prolungamento
educativo di un’idea immagine, “dispositivo di senso“ individuale e collettivo.
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