Presentazione a
Non luoghi
di Roberto Mosi
Firenze 5 marzo 2010,
Caffè storico-letterario "Giubbe Rosse"
La raccolta poetica di Roberto Mosi Non luoghi, dal sottotitolo “Pensieri in
fase di decollo”, ha il merito di dialettizzare con la contemporaneità,
adottando un’analisi empirica sul reale che converte la visuale “sociologica” in
ispirazione lirica, nella direzione di una sintesi comprensiva di costanti
semantiche presenti nel suo fare poesia: i valori connessi con la cultura del
territorio e dell’abitare, la difesa del patrimonio ambientale, la dimensione
del viaggio fattore di conoscenza e dialogo con altre culture.
Lo stile presenta accenti neorealistici in cui emerge una spiccata
intenzionalità narrativa dai toni riflessivi, animati da forza icastica,
assecondando uno spirito prosaico venato di malinconia, sapiente humour,
incisiva ironia.
Alla base della raccolta c’è la nozione flessibile di non-luogo coniata
dall’antropologo Marc Augè nell’ultima revisione del concetto, presente
nella premessa all’edizione del libro: Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia
della surmodernità (Elèuthera, Milano, 2009).
Luoghi connotati dalla transitorietà del singolo, spazi deputati alla
circolazione che favoriscono solo incontri fortuiti, spazi senza memoria o terre
di confine di un urbanesimo dilatato, costituito da zone di attraversamento,
infrastrutture di passaggio: svincoli, autostrade, stazioni, aeroporti, grandi
magazzini, catene alberghiere, periferie dormitorio, luoghi di degrado.
In ultima analisi “Nodi e reti della città-mondo” in una prospettiva
planetaria: luoghi anonimi e talora identici che godono di un semplice status,
in cui la coppia luogo/non luogo misura il grado di socialità e di
simbolizzazione di un dato spazio.
In queste aree in apparenza asettiche del vivere moderno, R.Mosi dà voce a
quella “solitudine multipla”, paradossale fenomeno in aumento nonostante
l’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa.
Il poeta dilata lo sguardo sull’esistenza individuale e collettiva
interrogandosi sul destino dell’identità personale e territoriale del futuro
cittadino nell’era mediatica della globalizzazione per restituire un rinnovato
senso al nuovo assetto sociale alla soglia del III millennio.
Guidato dalla coscienza critica sui disagi della postmodernità, interpreta
liricamente i nodi cruciali nell’alternanza di locale e globale, nel confine
labile tra reale e virtuale, nell’insidia onnipresente dell’omologazione
imperante nei circuiti di un neocapitalismo consumistico ed accumulatore, nel
rischio di una cultura allo stato liquido dove domina l’eterno presente, in cui
il passato è ridotto alla banca dati ed il
futuro viene eviscerato della spinta di cambiamento, anestetizzato dalla
frenesia effimera degli stereotipi di massa che sembrano aver sostituito le
domande sull’attesa di significato.
I versi si avvicendano per seguire i rapidi cambiamenti della società,
rivendicando il diritto alla poesia di farsi baluardo dell’identità, preservando
la memoria storica, in un rinnovato processo di autorealizzazione che nasce dal
relazionarsi in un comune destino di solidarietà.
Rivendica questi temi declinandoli nel racconto diretto di episodi tratti dal
quotidiano, si misura con la realtà di un neo-urbanesimo prodigo di input, ma
frastornante ed uniformante, per rieducarci alla vigilanza delle coscienze tra
riconoscimento ed estraniazione.
Si concede ludiche ironie sulle dinamiche fonetico-terminologiche dell’era
informatica, si indigna sulle questioni ambientali, ripristina il rapporto
empatico uomo-natura in felici inserzioni naturalistiche.
I frammenti lirici si allineano con il diffuso “spleen contemporaneo” che nasce
dalla sproporzione tra la dimensione antropologica ed il landscape artificiale
creato dall’ “homo sapiens sapiens”, icona sistemica dalla civiltà industriale
avanzata.
Testimonia che il “vissuto metropolitano” resiste anche nei templi dell’effimero
consumistico, tra i profili di invasive architetture, vasti agglomerati
dormitorio, accelerazione inarrestabile dei trasporti, il dilagare delle
immagini pubblicitarie nell’era del postnaturale.
“Cerco
l’anima delle città raggiunte ai quattro angoli del mondo.
scivola
l’anima delle città.
rimangono
nella rete
fili di
storia, schegge…”
Sul piano delle Arti visive siamo passati dalla fiducia ottimistica della
poetica futurista, alla metafisica del paesaggio urbano di un Sironi o di un De
Chirico secondo valenze di sospese ed evocative meditazioni sull’incipiente
natura del progresso, oggi si può parlare di uno “straniamento” del
postmodernismo nelle figurazioni realistico-gestuali, opera di nuove generazioni
d’artisti che restituiscono spessore esistenziale alla desolazione della città e
dell’oltre-città: grattacieli, fabbricati industriali dismessi, viadotti
autostradali, sottopassaggi cittadini, stazioni, metrò.
Mediatico-fumettistica invece si presenta la pittoresca configurazione di nuovi
codici urbani di stampo graffitico della cosiddetta StreetArt, in cui si passa
dalla rappresentazione della città alla metabolizzazione degli stilemi
contemporanei in azione artistica che investe le città.
Quale sarà l’identità del singolo e della collettività nel villaggio globale?
Cederà il posto alla tracciabilità dell’individuo?
Politiche neoliberiste imprenditoriali e flussi migratori faranno sì che la
tragittografia rimpiazzerà la geografia?
La poesia nel chiamare in causa le dinamiche dell’essere nella società
dell’avere (Erich Fromm) si interroga inevitabilmente sulla destinazione
dell’esistere e paradossalmente nella mondializzazione dei processi
l’oggettività della transitorietà, potrà fungere da esperienza morale di base da
cui partire per “rianimare” l’esperienza collettiva nella comunanza dei destini
in forza dell’universalismo delle differenze.
Al di là di ogni mercificazione esistenziale c’è l’esperienza umana con la sua
pretesa di educarsi ad uno sguardo nuovo, non asettico, ma corrispondente alle
attese irriducibili: la poesia è il luogo di questa rivelazione.
“Deflagra
nella normalità del giorno
il messaggio
e-mail
porta il
dolore del mondo”
Le Arti , sul piano letterario e visivo, sono le risultanti antropologiche ed
estetiche di medium espressivi operativi di un uomo vitale, capace di suscitare
consapevolezza, costruire ed immaginare spazi nuovi dell’abitare e del
socializzare: oggi si parla del capitalismo della decrescita, di sostenibilità
ed ecocompatibilità, nel ripensamento degli spazi urbani secondo il concetto
pionieristico di “Frugalità elegante” del noto architetto e scrittore Paolo
Soleri.
Roberto Mosi si vota alla poesia quale “Specchio della realtà” da cui partire per
elevare il potere diffusivo dell’immaginazione nel ridisegnare utopie:
qualsiasi forma d’arte saprà riscattare l’indifferenza e l’assuefazione in
spinta e rinnovamento nella dialettica inevitabile fra “sistema e storia” nella
realtà urbana, per inventare nuovi linguaggi, opere artistiche ed
architettoniche, catalizzatrici di senso, per le nuove agorà del
futuro.
Marzo, 2010
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