Atmosfere
Dal mito alla Storia
La tradizione, che fa da sfondo all’Opera Atmosfere, della
Poetessa, Scrittrice, Saggista e brillante Critica Letteraria Daniela Quieti,
connota il testo di grande valore antropologico, in quanto si rifà alla
trasmissione del patrimonio culturale delle generazioni passate attraverso la
comunicazione orale e, ovviamente, anche tramite la documentazione scritta, e
mette in luce quanto si possa alludere alle tradizioni popolari, ma al tempo
stesso al patrimonio religioso, filosofico, letterario.
Basta pensare alla religione ebraica o a quella cristiana e al capitale di
verità e di norme rivelate da Dio, trasmesso non dalla Bibbia, ma
dall’insegnamento unanime dei Maestri – nell’ebraismo – e degli Apostoli o dei
Padri nel Cristianesimo.
A
livello letterario si può alludere alla trasmissione di un testo fino a noi,
come all’insieme dei manoscritti e delle stampe che lo trasmettono: la
‘tradizione’ della Divina Commedia o delle opere di Skakespeare.
Daniela Quieti si sofferma sull’importanza dei proverbi, dei termini e anche di
alcune filastrocche entrate nella cultura popolare. Le origini di quelle che
possono sembrare tiritere favolistiche, come “La vispa Teresa”, affondano le
radici nel cuore della storia della letteratura italiana. “La vispa Teresa”,
infatti, nacque nell’’800 ed è ‘squarcio profondo di vita agreste’, come
sottolinea l’Autrice, con valore didattico per i bambini e anche per noi adulti.
I
proverbi, poi, rappresentano detti popolari, che fissano in forme
tradizionalmente codificate delle regole di vita, delle credenze, dei dati
dell’esperienza.
Daniela Quieti prende in esame molti di essi, spiegandone le origini e
restituendo loro il valore e la dignità che meritano. Nella psicologia analitica
di Jung potrebbero essere assimilati agli archetipi, ovvero ai contenuti
primordiali e universali presenti nell’inconscio collettivo.
L’Autrice, con la levità e la capacità che la contraddistinguono, crea le sue
“Atmosfere”, dando al testo carattere di vademecum, di manuale di conoscenza
degli adagi non solo pescaresi o abruzzesi, che sintetizzano le vicende umane.
Per rendere omaggio in modo specifico alla sua terra si sofferma sul termine
‘chiacchiere’, ovvero sui dolci fritti che richiedono pochi ingredienti e che si
preparano con la stessa facilità con la quale si fanno ‘molte chiacchiere’.
Ella adotta analogie con cibi tipici di altre regioni e, alludendo alla
Campania, fa riferimento alla pizza. In effetti l’equivalente napoletano delle
chiacchiere è senz’altro la pizza, che richiede pochi ingredienti e, in passato
fungeva da pasto completo ed economico, per cui veniva definito ‘chiuditivo’.
Leggendo l’Opera dell’Autrice pescarese ho rivissuto le atmosfere della mia
infanzia.
Ho riascoltato gli infiniti proverbi della nonna partenopea e dell’altra barese.
Una volta di più ho preso atto che esistiamo in virtù del passato, di quel
testimone che
viene passato di generazione in generazione e che rappresenta la nostra grande
ricchezza. Un libro che arricchisce e crea incanti, quello di Daniela Quieti e
che si termina di leggere con un soffio di luce nell’anima e un senso di calda
gratitudine…
|