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Concerto

“Chi si diletta di recensire lavori dell’agone letterario e in particolare di raccolte di liriche teme sempre di dare un’interpretazione non oggettiva del “pathos” del poeta che ha generato il fiume di versi. Stavolta non abbiamo alcuna perplessità, in quanto se da un lato il titolo e la dedica della silloge ci prendono per mano, le nostre considerazioni snodate nel corso della lettura trovano una conferma nelle note finali dell’Autore. Peraltro Mosi, oltre ad avere già offerto all’attenzione dei suoi lettori e della critica raccolte di poesia, non solo non limita alla lirica la sua fervida attività letteraria, ma allarga l’orizzonte verso altre forme di espressione artistica, quali la fotografia e la pittura, provvedendo ad allestire mostre in cui ha coniugato il verso con il dipinto e l’immagine.

Conferma si ha nella fotografia della copertina e nei disegni di Enrico Guerrini, ma stavolta Mosi compie un ulteriore passo in avanti e abbandonando ogni residuo di forma tradizionale, si muove su una duplice direttrice di marcia, che scaturisce dalla musica (struttura sinfonica per movimenti) e dalla lirica (evocazione di ricordi che determinano immagini). I temi trattati vengono affrontati e poi messi da parte, per essere nuovamente ripresi e approfonditi, magari con qualche variante: in definitiva l’ars poetica di Mosi procede in modo simile all’andamento musicale, generando anche una diversità di espressione, che spazia dalla semplicità alla ricchezza, frutto di una maturata ricerca. L’intento del Mosi non è vanificato dalla necessità di adeguare l’afflato lirico all’andamento musicale ed egli giustamente dice: “La poesia gioca con alcune forme del mondo della musica, ne riprende tratti, impronte”.

La struttura della raccolta è quella di uno spettacolo teatrale, che si apre con la sinfonia dedicata alla città etrusca di Populonia, prosegue con il concerto in onore Firenze e si chiude con il canto “Sora nostra matre terra.” Mosi è attento osservatore degli eventi che durante le varie stagioni dell’anno si verificano a Populonia, ma egli non intende realizzare un’opera letteraria utilizzando l’arma nei termini lessicali, piuttosto un concerto e il mezzo di attuazione non può che essere l’esigenza del ritmo, come pone in evidenza nella presentazione Giuseppe Panella.

Nel volgere della Sinfonia troviamo eventi della vita familiare come episodi di cronaca; l’ispirazione comunque è sempre feconda e non manca di generare versi teneri per la nascita e le prime manifestazioni di crescita della nipotina Marta (“Primavera”), come per l’intreccio tra la natura e i giochi dei bimbi (“Estate”). I versi assumono una forte connotazione d’impegno civile allorché Mosi su eventi reali, come i fatti di Rosarno in Calabria e l’incidente del Moby Prince. Nel Concerto per Flora (Firenze) torna prepotentemente in primo piano l’arte con i celebri dipinti di Botticelli “La primavera” e “La nascita di Venere”, ma Mosi adagia nella descrizione dei luoghi fiorentini e delle sue bellezze e nei versi palpita tutto lo sconfinato amore dell’Autore per la città natale. Completa la parte riservata all’arte della pittura un omaggio a Vinicio Berti, pittore toscano del dopoguerra, che negli anni ottanta ha donato alla Società di Mutuo Soccorso di Peretola tredici tempere su tela, che illustra la storia centenaria dell’associazione e sono esposte nella Casa del Popolo. Non si tratta di un saggio d’arte, ma lo scopo è quello di ricordare i miti popolari, dai quali desumere il fluire della storia del capoluogo toscano.

Il Canto finale ha un riferimento fin troppo scontato e tratta un tema, quello della Natura, Mosi scompone gli elementi che concorrono alla bellezza del creato, riprendendo liriche già note, ma offre una connotazione finale che contribuisce a generare nell’animo del lettore una serena condizione di benessere.

Gli obiettivi di Mosi, in definitiva, sono compiutamente conseguiti e il successo spingerà l’indomito uomo di cultura a sperimentare nuovi percorsi e felici connubi.”

Recensione
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