Di delitti impuniti e di amori infiniti
Poche raccolte di poesie, superato il dualismo fra mondo esteriore w intimità
dell'io, entrano nell'animo, diventano un'indicazione di vita e affascinano per
l'avvolgente intensità del ritmo, come questa. Il Lion Ignazio Ippolito l'ha
intitolata Di delitti impuniti e di amori infiniti. Il volume è
arricchito di dieci tavole del Lion Bruno Tosi.
Le immagini non sono sfumate e anche le pagine più scure della storia
diventano poesia, sia pure tragica, come in “Foibe”: “Non i sono nomi – per
quelle ossa – ignote – mute ancora nella fossa – neppure i lamenti – di ormai
lontani parenti”.
Gli aggettivi consueti come ottimismo, malinconia o scoraggiamento sembrano
inadeguati, emergono le realtà crude del presente e del passato rivolte
all'effettivo modo di essere: “sono un uomo di mare e di terra – di pianura –
tanto ho sofferto – tanto ancora patirò – e non vedo l'approdo”. In effetti
ciascuno di noi non conosce l'approdo finale della vita.
La presentazione di Paolo Ruffilli accenna ad aspetti biografici dell'Autore
che accostano la ritmica poesia di Ignazio Ippolito alla verità interiore nata
dall'esperienza cupa invadente e senza speranza di una redenzione: “Sono venuto
a parlarti – dei fallimenti – della mia generazione – di quelli dopo la mia – e
di tutte quelle a seguire – di quelli che occupando botteghe oscure – cambiarono
il mondo in loro favore”.
Il concetto di verità, che subisce le deformazioni imposte da coloro che
approfittarono di situazioni contingenti per giungere a posizioni di privilegio,
sopravvive nella consapevolezza individuale: “A tali allocchi – do la mia
ragione – non sono degni – della mia attenzione”. E così l'orizzonte può essere
ravvivato.
Ignazio Ippolito, da sempre interessato ai problemi sociali, ha studiato i
poeti africani di cultura francese ed ha pubblicato nel 2012, con i favori della
critica, il volume Cantastorie & Madonnaro.
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