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Sogno di una vita agreste
(la visione di un bambino)
Lontano la città con i suoi assordanti effetti
di traffico caotico, di esalazioni di gas dai mezzi di trasporto, fu così che
mi trovai, in età infantile, ad abitare in campagna, dove percepii per la prima
volta il cambiamento delle stagioni e l'aria esalava profumi nuovi: d'erba
appena falciata, di fieno, di fiori di campo, di gelsomini, di tigli, di
nipitella nei campi incolti, di zagare, etc. e, a Natale si costruiva ai margini
dell'aia una capannuccia dove si muovevano i personaggi , quasi tutti fatti di
pasta, come i pastori che portavano i doni a Gesù bambino, i mestieranti, il
mulino, ma, in un certo senso, la campagna stessa ci mostrava un presepio dal
vivo.
Mi ricorderò sempre il primo anno di vita in campagna,vicino a Cascine del
Riccio, era dicembre e avevamo improvvisato il presepe, quando ci sorprese la
neve; al mattino uscendo di casa, vidi la capannuccia tutta imbiancata e il
manto bianco attutiva i suoni della campagna: una visione fiabesca. Un'altra
visione, a volte mi sovviene, ancora oggi, all'improvviso: un campo di grano
ondulato dal vento come un mare d'onde, splendente d'oro. Nelle serate estive,
danzavano nell'aia le lucciole, allora io e mio fratello riuscivamo a catturarle
alcune e le mettevamo sotto un bicchiere, dove, si raccontava, l'indomani, si
potevano trovare dei soldini. Solo più tardi compresi che era la mamma a
metterci i soldini e mi parve crudele imprigionarci le lucciole.
Fu poi in quel
periodo che conobbi da vicino il comportamento di un gatto selvatico, che
trovammo lì quando fu acquistata la casa colonica, il quale, se qualche topo
aveva l'impudenza di avvicinarsi all'aia, dapprima ci giocava, ma poi scappavo
per non vedere la fine del topolino; una volta, però, uscendo dalla porta di
lato della casa, mi trovai ai piedi dello zerbino il gatto che stava mangiando
la sua gradita preda: non fu certo uno spettacolo piacevole. Un giorno lo
sorpresi in posizione di attacco e con le orecchie dritte a fissare immobile
una serpe. Le serpi s'annidavano allora nel campo incolto intorno casa ed una
mattina la trovammo addirittura sotto il pianale della macchina di mamma...Mi
ero ormai abituato a questo viavai, quando la mamma si convinse a chiamare
qualche contadino per coltivare il terreno incolto.
Oltre alla produzione di un
minimo di vino, il terreno, appena bonificato,fu subito seminato e fui stupito
alla vista di prodotti come zucchine, fagiolini, pomodori, fagioli ed altro
ancora, che si divideva con i contadini. Il tempo scandito dalle stagioni pareva
trascorrere lentamente e la mamma riusciva a fare molte cose in cucina per
conservare i prodotti della terra per l'inverno. Dopo l'esperienza della serpe
nella macchina, iniziai a sognare un'epoca precedente, quando, al posto delle
automobili, esistevano le carrozze, i carretti in campagna, insomma a sognare
anche una vita rurale più vicina alla natura. Nelle prime ore del mattino
durante il periodo estivo, mi piaceva avvicinarmi agli alberi, ai margini del
terreno coltivato, e, nel silenzio dell'alba solo interrotto dal cinguettio
degli uccelli e dalla fresca brezza, mi sedevo sull'incavatura del tronco di una
quercia ed un giorno mi parve di udire un suono, il suono dell'albero.
In seguito, ormai adolescente fui costretto a
ritornare in città per gli studi, e, spesso, ripensando a quel tempo della prima
infanzia, ricordai i covoni e quell'atmosfera magica...
“Il
gallo cantò alonando il silenzio mattutino e come un raggio di sole che strappa
la bruma, fulmineo un tempo emerse: lo stridio delle ruote arrugginite dei carri
colmi di fieno, il suono delle froge dei cavalli fermi in attesa di nuove
partenze, i covoni equidistanti dietro ai quali ci nascondevamo ridendo di
niente è lo scenario naturale di un'infanzia in un mondo svanito”
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