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S/van/ar/eggia

Niente è da prendere troppo sul serio, perché sovente la tragedia finisce in ilare commedia; la parola è un gioco di perenne inno alla vita e alla morte: con questi nuovi testi Gemma Forti esce dai canoni consueti, dalla falsità dei facili sentimenti e si tuffa nel polisenso, nella poliedrica sfaccettatura farsesca della realtà, come una partitura musicale divertita di un tempo che si sfarfalla e ci cattura irrimediabilmente.

Ma dietro il gioco, la scanzonatura dei saccenti, trapela la realtà delle eterne ingiustizie, dei barconi che affondano, del magna magna di un mondo allo sfacelo, non solo per i cambiamenti climatici, ma per l’ottusità di una società al declino: si assiste così a una misurata danza macabra, intessuta di colpi di fioretto e di scompassate sceneggiate da melodramma, perché forse non ci è rimasto che lo sberleffo e il ballo in punta di tacchi per non far di tutto una Carta S/traccia.

Forse alla poesia non è rimasto che il riso, la canzonatura dei velenosi stereotipi, dei tic e le paranoie della falsità, quando l’inganno è assunto a principio della vita e la parola vilipesa: in un mondo dove conta di più il pil e l’apparire, che cosa può fare la poesia se non sbattere in faccia una commedia esilarante che si prende beffa di tutti gli assolutismi e gli eterni qualunquismi?

Forse per smuovere “I Poeti / uniti nel mondo / da un filo sottile / di seta” occorrono delle randellate scherzose, degli elettroshock mascherati da riso: uscire di scena, facendo i guitti e fingendo senza pudore o se si vuole trasformarsi in santi, in sardine o in verdure dell’orto di montagna, perché in fondo “è la Comare Secca/ che arrota l’unghie/ le lima lucida smalta/ di nero seppia”.

Una scrittura poematica che trascina in un vortice di battute e di rimandi, di sottintesi e frastagliamenti, in una sarabanda del dire che è anche non dire, a volte è evidente denuncia, calibrato sberleffo in contrappunto senza “nessuno sconto”.

C’è nella scanzonata protesta, nell’andare in una direzione contraria a “I sempre connessi”, una vena dolceamara che conforta e accarezza nel suo sottile canto: “Impara ad assaporare / una nuova dolcezza / navigando verso il circolo / polare”.

Ma il canto ha anche il suo controcanto, la purezza sognata si trasforma in rivolta: “Neve bianca / lattea / pura / per ricoprire / sangue / morti / eccidi”...

Emblematici i versi di “Nessuno Sconto”: la vita la si guadagna con la sofferenza, con il travaglio, col sogno maciullato “Tutto ha un peso / Tutto un costo / Niente gratis”.

La testardaggine di fare poesia comunque e in maniera sempre diversa, qui con l’intersezione di una “epigrafe” pittorica, come scrive giustamente Marcello Carlino nella sua introduzione al libro.

Con la combinazione dei diversi moduli di scrittura, a tratti il testo assume il tono della protesta, seppure molto controllata, perché siamo in un “Paese di cartastraccia / ponti che crollano come fuscelli / morti 43 / feriti 100 / sfollati 600”…

In un tracollo dei sentimenti, nelle catastrofi quando piove, nella terra dei fuochi e delle siccità, dei ponti crollati e dei politici imbalsamati “Rimane solo / amaro / dispiacere / disincanto / per aver estinto / un sogno / ad occhi aperti”.

Recensione
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