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Tra ponte
e selciato - Ventisei temi per mia madre
Di solito le presentazioni di
libri si fanno nelle librerie o in sale pubbliche, non è usuale si tengano in
case private, ma, per la raccolta poetica di Marina Agostinacchio
è stata fatta un’eccezione alla
regola. E aveva senso farla. Il libro dal titolo “Tra ponte e selciato”,
infatti, è dedicato alla memoria della madre dell’autrice e le sue pagine
riportano alla vita che si svolgeva nelle medesime stanze dove la presentazione
ha avuto luogo, nella casa che fu la residenza della famiglia completa di
genitori e due figlie, al tempo dell’infanzia felice e della routine senza
scosse, dove oggi Marina Agostinacchio vive con il marito e tre figli.
“Tra ponte e selciato - Ventisei
temi per mia madre” recita il sottotitolo del volumetto che si presenta come
un’opera d’arte stampata in cento esemplari dal Centro Internazionale della
Grafica di Venezia e va ad affiancarsi alla toccante “Elegia” dedicata al padre
e pubblicata sulla rivista Poesia nel 2003. Accanto ai versi riunisce le
illustrazioni di Paola Munari, rese con immagini efficaci dal tratto morbido e
dai colori luminosi.
La dedica “ai nostri figli” accomuna le due amiche artiste
nei loro ideali di maternità e amor filiale da trasmettere alle generazioni
future: temi presenti nella tradizione poetica di ogni epoca sono qui riproposti
in chiave attuale e con linguaggio esente da pericolose scivolate in luoghi
comuni. I testi sono costruiti con la precisione degli endecasillabi suddivisi
in quartine. L’ambiente prende forma attraverso l’individuazione di elementi
essenziali: anima, volto, respiro, eco, voce, infiorescenza, acqua, fontana,
giardino, aiuole, fiori, rose, ortensie… All’inizio la madre non viene nominata
né se ne pronuncia il bel nome floreale. A lei bisogna avvicinarsi con rispetto,
stanza dopo stanza, e, nel suo mondo, ci si deve aggirare con reverenza.
I testi
a poco a poco ridisegnano i luoghi dell’età dell’oro: la strada dove le bambine
giocavano a scalone, il garage allestito per le recite, alla fine delle quali la
madre offriva pane e cioccolata. “È il tempo… è il sogno… è il sole… tutto è
bello“. Si sentono le risa, si avvertono i profumi e gli odori. Il canto da
soprano leggero della madre, appassionata di brani d’opera che conosce a memoria
e pronta a intonare alcune arie celebri, “si espande a ogni breve soggiorno…
cinciallegra felice tra i suoi muri”. L’allegria accompagna la famiglia quando
si sposta da Padova e viaggia verso sud, per la villeggiatura a Vico Equense e
Trani. Ma all’improvviso il mistero della malattia s’insinua, una lunga
sofferenza si diffonde e il dolore della morte viene a intaccare le sicurezze, a
sgretolare la vita spensierata.
Ora “quello che manca è un suono, il
trillo-voce/ tamburello allegro sul lastricato.” Prima del decesso la madre farà
in tempo a lasciare alle figlie le disposizioni finali, preoccupata fino
all’ultimo di coloro che resteranno dopo di lei, soprattutto del marito che
rimarrà vedovo con due ragazze da crescere. Molti anni dopo, come per una beffa
del destino che la sottopone alla stessa esperienza, la figlia minore è
costretta in un gioco di specchi alla stessa malattia della madre, forse per
identificazione o più semplicemente per ereditarietà. L’autrice però riesce a
curarsi per tempo e a uscire dall’incubo, tanto da poter infine mettere insieme
questi versi e a liberare il proprio canto pieno di riconoscenza e amore.
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Recensione |
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