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Ferruccio
Brugnaro, noto come il poeta operaio del Petrolchimico di Marghera, colui che
negli anni Settanta distribuiva poesie insieme ai volantini davanti alle
fabbriche, ha abituato i suoi estimatori all’uscita cadenzata dei suoi
libri dalla copertina bianca. Molti dei suoi testi sono divenuti dei classici
per la poesia operaia e sono stati tradotti in inglese, francese e spagnolo.
Ora, nel recentissimo volumetto Verranno i giorni appena
pubblicato da Campanotto, sono raccolte una trentina di composizioni sui temi
cari all’autore: i diritti calpestati, tra cui l’innalzamento dell’età
pensionabile, la vergognosa ingiustizia della sentenza assolutoria al processo
Montedison per le morti al Petrolchimico, la democrazia zoppicante, bugiarda e
ladra quando un governo dice di sostenere la pace e invece appoggia la guerra.
Molto intenso al riguardo il famoso testo intitolato “Non pugnalate la pace. Non
divorate la pace. | Non rispondete alle montagne di morti | con altre montagne di
morti…”
L’autore ammette di avere un chiodo fisso in testa, rappresentato dai
diritti degli operai, dei quali si tende a dimenticare l’esistenza, per questo
nei suoi testi Brugnaro li menziona spesso con affetto: “Quando si parlerà | di
un operaio | un giorno | si dovrà dire | ch’era un uomo | diverso dagli altri…
L’uomo cresciuto in dolore | che combatté instancabile | giorno e notte | per la
vita e per l’amore.”
La cifra stilistica del poeta sono i toni espliciti e aspri, ricchi di
aggettivi duri e decisi,
spesso usati al negativo, come irremovibile, indefinibile,
incrollabile, impareggiabile, inflessibile, interminabile. Non ostante le
atrocità delle guerre e le ingiustizie sociali che caratterizzano il nostro
tempo, il poeta non ha perso la speranza in un futuro migliore e la voglia di
amare, mantiene la capacità di riconoscere il messaggio di pace contenuto in una
nevicata, si commuove davanti al mutare delle stagioni e cammina ancora accanto
ai suoi colleghi, ai ideali compagni di strada.
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Recensione |
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