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Il marito paziente
/tradiscimi ma amami
Il marito
paziente
di Sergio Livio Nigri è un romanzo
antico eppure nuovissimo e spiego il perché. Antico, perché racconta una storia
vecchia come il mondo, il tradimento di una moglie e la scoperta delle corna da
parte di un marito. Nuovissimo, perché per raccontare questa storia fa ricorso a
una tecnica inevitabilmente dell’oggi usando come materiali narrativi i tanti e
sparsi SMS disseminati via etere dai nostri cellulari.
Nel caso particolare, i cellulari sono quelli di lei, Serena, che, disattenta e
poco interessata a coprire la propria privacy, li lascia in giro per casa (ma,
alla distrazione, bisogna anche aggiungere una sottintesa spinta che mescola
sfida e provocazione). E grande si rivela la pazienza di lui nello scoprire
l’infedeltà di una moglie molto più giovane, vitale ed esuberante, facendo
trasparire in mezzo a situazioni ambigue e sotterranee più che gelosia,
comprensione e perfino un tanto di eccitazione.
Il marito
paziente
è un romanzo che unisce a una grande finezza psicologica (tanto più penetrante
proprio perché emergente di sponda e non in chiave di analisi esplicita), una
spiccata qualità letteraria, per una scrittura puntuale e incisiva, fluente nel
suo ritmo ossessivo e trainante, a strappi con continue ripartenze. Felicissima,
poi, la chiusa che in pochissime pagine sintetizza il senso stesso dell’intero
racconto, ancorandolo a una sorta di quadro/ossimoro addolcente-esulcerante nel
segno dell’amore tormento ed estasi declinato dentro l’età anziana. Con il
protagonista narrante che, anche a nostro beneficio, sembra dire alla sua donna:
tradiscimi pure, ma amami.
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Recensione |
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