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C’è una misura elegiaca della poesia, dai tenui colori e dallo spazio indefinito, che è quella del ritorno nel tempo, della ricerca del trascorso e compiuto, della riconsiderazione e dell’abbandono. È la poesia in cui a dominare la scena e a determinare lo specifico letterario sono l’impulso automatico al ricordo e la spontanea rimemorazione.[…]

Poeta sui generis della memoria è Lucio Zinna, del quale due recenti raccolte Bonsai (Ila Palma) e La casarca (La Centona) attestano la piena maturità. Lo specifico letterario di Zinna è sempre stato il sorprendente equilibrio, nella sua poesia, tra elementi della tradizione e sperimentazioni metriche della contemporaneità. Le ascendenze neocrepuscolari e neoermetiche hanno trovato compimento nel progetto di sposarle a tecniche linguistiche dell’innovazione. Eppure la coniugazione delle parti resta come sospesa in una sorta di contratto pudore, dentro il quale regna sovrana la «tenera misura». C’è, nella poesia di Zinna, una tenerezza espressa come eleganza di strutture, delicatezza dei modi e di toni, flessibilità melodica, leggerezza di immagini. Come attraverso un vetro, però; dunque, non in cedimenti sentimentali, ma in una purezza cristallina. Il senso dello scorrere e del dissolversi di oggetti e sentimenti è come ribaltato; voglio dire che tutto, nella vicenda esemplare della vita, finisce col diventare agli occhi del poeta indizio del futuro stesso. Ecco, allora, implicitamente, la rivelazione che quello che viviamo o abbiamo vissuto è ansia di quello che sarà, speranza e illusione.
Recensione
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