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Light Room 851.92
Il
“libro” che le poesie di Susanna Piano in Light Room (Aragno Editore) disegnano è un percorso inusuale, originalissimo, all’insegna del
sistema metrico decimale Dewey e alle sue classi fondamentali come criterio
organizzatore del proprio sapere. Il procedimento nel caso particolare è un
passaggio che a sviluppo, in successione consecutiva da testo a testo, muove dal
sensibile all’io meditante, in una chiave di decifrazione e secondo una
prospettiva e un metodo, in questo inseguimento del senso profondo della realtà,
che implicano soprattutto l’uso della ragione, sia pure accettandone i limiti di
salti e di svagatezze, in una serie di piccoli quadri luminosi ricondotti a un
insieme di luogo circoscritto, come appunto recita il titolo della raccolta. E
dunque su una linea di logos meditato, che non si risparmia la denuncia dei
ripensamenti e delle contraddizioni e capace, intanto, di non escludere affatto
la voce interiore più immediata e di aderire fino in fondo alla misteriosa
esperienza del vivere senza rinunciare alle memorie e alle prospettive future,
affidandosi in piena consapevolezza alle potenzialità della poesia conoscendone
le intermittenze (“La fiducia nella poesia / di giorno, spesso, mi abbandona. //
Il silenzioso palpito della notte la ritrova”).
Una fluidità di coscienza oltre che di immaginazione visiva caratterizza le
poesie di Susanna Piano, in un continuo alternato che dilata le immagini in cale
e pause di ritmo, per poi rimetterle in movimento al passo veloce della sua
musica. E la chiave di volta di questa intensa poesia che si sforza di
cancellare l’ombra che ci avvolge sono certe oscillazioni debordanti, a segnare
le quali intervengono iterazioni e divaricazioni, assonanze ed accordi (“così
inevitabile, / così naturale, / questo incontro tra terra e mare”, “naturalmente
sarà / stelo o fiore / realizzando / il suo seme interiore”...). Sono per
Susanna Piano le intenzioni di principio a cui corrisponde lo sforzo appunto
esistenzialmente ripagato del conoscere se stessi fin dove si possa e si riesca,
al di là di tutto e nonostante tutto, perché è l’unica cosa che alla fine conta
nella vita. Tale percorso di autoconoscenza si traduce poeticamente in una
lingua intarsiata, specchio di quella condizione psicologica che di continuo si
divarica nel groviglio del pensiero, che è il groviglio stesso dell’esistenza,
in cui si agitano tutti i motivi e tutte le occasioni.
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Recensione |
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