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Autrice singolare nell'odierno panorama poetico, Gemma Forti raccoglie i suoi componimenti degli ultimi anni (1998-2003) in Candidi asfodeli vezzose ortiche. La sua lirica intimista riesce a penetrare nel sociletter-spacing:ale, infiltrandosi nei letter-spacing:-suoi strati più profondi quanto più superficiali e pubblicizzati. Con occhio vigile, appassionato, commosso, mai mellifluo, registra e denuncia le complicazioni dell'animo umano, soffermandosi, in alcune occasioni, con maggior interesse su quello femminile. Geometrie grafico-spaziali si intrecciano con quelle sonore, con i disegni della mente, della lingua, dei significati, per incontrare infine le aggrovigliate geometrie dell'anima. Paesaggi ed elementi naturali (titolo dell'opera e quello di alcuni componimenti, La luna buia, Pioggia d'a prile, Era fredda la luna, Alberi, ecc.) diventano eliotianamente emblemi di una condizione esistenziale lacerata, annichilita, persa dietro a guerriglie, mortai, tritolo, interminabili guerre dichiarate e sotterranee, e con un estremo bisogno di conciliazione e di pace.

La doppiezza e l'ambiguità dell'esistere vengono palesate sin dal titolo. Gli asfodeli sono legati alla morte: nell'oltretomba le ombre dei defunti che in vita non erano stati né virtuosi né malvagi vagavano eternamente nel prato di questi fiori; mentre l'ortica, nota pianta curativa utilizzata nelle pratiche alche miche per scacciare la malasorte, potrebbe essere interpretata come simbolo della vita; diventa vezzosa, nonostante il suo potere urticante, e la morte si associa alla lucentezza e alla purezza, come se riconducesse l'uomo a un candore nuovo, depurato da escrementi violenti del quotidiano.

Una certa progettualità e circolarità sorreggono l'intera opera, il cui filo rosso è la contraddizione insita in ogni evento, nella vita in ogni sua forma e atto. Partendo dalla "significazione", nella sua più alta espressione, Dio e il valore della vita (prima sezione: But Now), si giunge al suo opposto: assenza di significazione, gioco di significato e suono (ultima sezione, Nonsense). Un percorso che parte dal senso e approda al suo opposto, dalla tragicità alla leggerezza. Tesi e antitesi si incontrano e scontrano sia sul versante contenutistico che su quello tematico. I due volti del reale si muovono avanzando e indietreggiando scambievolmente, passandosi il protagonismo o occupando la stessa ribalta. Dio, la vita, l'amore, la speranza, la creazione e al tempo stesso la guerra, le sue atrocità, l'odio, la pulizia etnica, la violenza, la disperazione. Dall'assurdità quotidiana a quella linguistica. Un affermarsi del senso e della sua negazione.

Deformando una preghiera cristiana ("Gloria in excelsis| Terrore in terra| [...] Santo santo santo", La luna buia) la poetessa invoca Dio pur smentendolo. Utilizza il modulo occidentale trasfigurato come esempio per scardinare e porre in discussione ogni fede che conduce alla violenza e alla guerra. A prescindere dal Dio scelto, è comunque un non Dio, un Dio cattivo, assente, diabolico e fuggitivo. "Dove sei? | Ti sei nascosto nella polvere - tra i cadaveri | Nel sangue degli innocenti | Sei sparito inghiottito dall'ombra | Compagno dei senza Dio". L'antinomia trova la sua manifestazione nell'amplificazione: "Tu Dio non Dio cripto-celato | Allah Jahvé JHWH (innominato) | Suprema Intelligenza Sommo Bene platonico | Motore Immobile Atto Puro aristotelico". In una sorte di Babele moderna Dio, o entità superiore, è nominato con diversi appellativi appartenentialle due sfere opposte: la religiosa e la laica. La donna entra in scena come una vergine deforme, quasi frutto d'un esperimento di ingegneria genetica: piena di lividi, incoronata da chissà che diavolo, incatenata, sfruttata, seviziata, con nella mano la torcia-sole spenta, che bandisce ogni speranza. Predisposta naturalmente alla procreazione, quindi alla vita, si trasfigura in una partoriente di mostri distruttori e dispensatori di morte, i "Leviathan". La Forti attingendo dall'immaginario collettivo usa il serpente, animale per antonomasia del peccato, come germe, contaminatore di razze: "Avida la bestia nera serpente striscia schiuma e sbava | Sulla carne della dama ignuda e cerca il pube | E lì si incista e annida nel ventre putrefatto | Per generare il Leviathan mostro". Accanto alla straziante negatività una luce fiduciosa e pacificatrice appare: la forza femminile e dei giovani è chiamata a piegare la volontà bellicosa e mortale. ("Tu donna [...] |Acceca con la bellezza della tua pelle nuda | La luce violenta del sole e delle stelle | E con la forza del tuo ingegno | Piega la viltà altrui | [...] Tu giovane suicida [...] Ferma la tua ira | Appellati a saggezza", La Luna buia).

Nell'ultima sezione la forma e il senso si destrutturano. Il verbo si disintegra e cerca altri significati, non comuni, non ovviamente decifrabili, fino alla perdita; diventa divertimento, scambio, immaginazione. Il gioco delle parole si inserisce in griglie grafiche e in cruciverba che spingono il lettore ad entrare nel meccanismo e a coglierne altre accezioni (Nonsense, Bianco Azzurro).

Calandosi nel bellicoso panorama odierno, nella quotidianità più spicciola e nel reale in tutte le sue sfaccettature l'autrice è in grado di descrivere queste realtà attraverso il racconto in versi. La sua è una lingua cruda, secca, versatile e disposta ad essere plasmata e decostruita, soprattutto nell'ultima sezione. Il dinamismo è dato dalla contaminazione stilistica e linguistica. L'abilità sta nel passare dal tono tragico al parodistico, come da un lingua più alta a una più bassa. Coesistono diversi linguaggi: oltre a quello puramente lirico, seppur filtrato da forme arcaiche e teso all'essenziale, c'è quello giornalistico, cronachistico, politico e mediatico. Vari strati ispessiscono e costruiscono le basi di un linguaggio personale in cui gravita una certa sperimentazione, mai estrema e forzata. Un linguaggio autonomo che pur risentendo del passato letterario (futurismo, ermetismo, poesia maledetta, ecc.) senza mai diventarne succube, si carica di una pregnante contemporaneità, cercando di non impigliarsi nelle secche del banale e del convenzionale. In That's America si arriva alla compresenza :

due idiomi, italiano e inglese: "After the war Anglo American preventiva d'attacco | In base alla teory di falchi neo-conservator - entourage Bush junior | Ispirato "metodista"". Per rievocare l'emigrazione italiana in America, e lavoglia di libertà, di un futuro migliore, del paradiso rappresentato dal Nuovo Continente, la Forti utilizza una citazione in dialetto napoletano: «AMERICA [...] Mito dei nostri emigranti (+ di quattro milioni tra il 1901-1913) | Con valigia di cartone le scarpe strette & la speranza in petto | Sui bastimenti ammassati for a job di sussistenza e vanto | "Partono e bastimente|pe'terre assai luntane... |cantano a buordo: so napulitane..."». Fino ad arrivare all'ultima sezione: puro gioco formale.

Più corrosiva e di maggior successo è la sezione dedicata alla signora in Nero (A cena con Madame), soprattutto per essenzialità di forma e contenuto di alcune poesie. Si apre con Questa notte, in cui la morte "scaltra ruffiana" assume varie sembianze (candida fanciulla, donna maliziosa, vecchia) fino a negarsi come figura e a imporsi come respiro, "fiato nauseabondo". Non concede via di scampo e cerca invece attraverso la seduzione di appropriarsi del corpo della sua vittima e di mostrarsi finalmente in tutta la sua crudeltà. Sensualità seduttiva e sessualità macabra s'incontrano in una maledetta "Dark-Mystery Lady" sempre più pericolosa quanto attraente. Originale e sigillata in versi ermetici è Loro: la morte vissuta attraverso il dolore della perdita delle persone care. Il fascino svanisce, l'aria si fa gelida e terrificante in una quiete spettrale. Tutto ruota attorno a questo nucleo semantico: "Loro", posto su unico verso e scritto in grassetto. Una parola promossa a racchiudere un mondo affettivo universale, in cui ognuno di noi trova sé stesso e può cucirsi addosso le proprie "vite care". A sorreggerla due similitudini in apertura e in chiusura che affrescano immagini autunnali e funeree "Cadono ad una ad una come rosse foglie | Scompaiono nel nulla | Loro | le vite care [...] Pietosa ed impietosa | Cala la scure dell'oblio | come la pala colma di terra umida e nera | sulla bocca serrata delle salme | inerti". "Loro" diventano "salme inerti", l'essere si tramuta in non essere.

In un serrato e divertente rincorrersi di fraseggi in cui si esplica il paradosso quotidiano è confezionata La Scommessa. Il vivere diventa una grande scommessa in cui si è pronti ad azzardare tutto, ogni giorno: "Domani faremo vedremo domani | Oggi verrò verremo sicuro | Più tardi ci incontreremo | Giù su là dove non so | Ma sicuro - avverrà - sicuro | Fra un mese fra un anno fra due | Nel duemila & sei". Solo una cosa può ostacolare questa perfida sfida e indurre all'atroce sconfitta ineluttabile: l'inaspettata morte, soltanto lei è pronta ad abbatterci e a salutarci con un addio. "La partita di sempre finisce perduta nel tuo algido fiato | Che l'inghiotte rapace con la bocca sconnessa | Adieu adieu addio addio". La sezione termina con un'ermetica Notte buio: risultato di una sintesi semantica e formale, concludentesi in "tonfo ed immersione | In ammorbante liquido fetale". Morte e vita si ricongiungono come i due opposti di una stessa unità.

Mai avvalendosi di riferimenti personali pubblicamente esposti, l'autrice scandaglia la propria anima riportando nella poesie emozioni, frammenti di memoria, immagini, racconti di cronaca, momenti di vita vissuta privati e comuni. Illumina una realtà crudelmente e affettuosamente registrata e restituita attraverso un iperrealismo secco e penetrante. Nella sezione più intimista, Specchio delle mie brame, oggettivizza stati d'animo servendosi di elementi naturali o riferimenti quotidiani. In || Mare, il protagonista omonimo oltre a rappresentare la natura, si erige a metafora dell'umanità intera e della singola vita della scrittrice. Nel suo viaggio all'interno dell'assurdità la Forti passa così dall'universalità (mare-natura) alla soggettività (ricordo giovanile) fino al paradosso, alla visionarietà (sogno, assenza di logica, fonemi che galleggiano liberi). Il ritmo è incalzante, divertente, onomatopeico, capace di rievocare il movimento marino. C'è una ricerca linguistica tesa a trovare una stretta connessione tra l'aspetto semantico e quello sonoro: "Di nuovo t'impenni ti ostini trascini rincorri ti adiri | Scuoti sommuovi rovesci copri ricopri sommergi ti estendi" (Il Mare). L'andamento e la forza delle onde che si innalzano e precipitano, trascinando con sé l'acqua, viene reso attraverso le parole: "t'impenni" restituisce la sensazione fisica dell'azione a cui rimanda e spinge il fruitore a ricostruirla nella sua mente; così "trascini": -sci- riproduce il rumore di qualcosa che viene trascinato e ricorda anche la scia marina. "La vita ferve muore cresce e si consuma tra la danza delle alghe | e il vorticoso turbinìo | dei venti| Perenne nel giuoco lieve e nella greve attesa": cogliere come la vita nasce, si sviluppa e si consuma in un'onda o in un respiro del mare, equivale a sentirla, fotografarla e ritrarla, cogliendone l'anima e rendendola verbo attraverso rumorosi versi onomatopeici.

Si era partiti dalla significazione nell'accezione più alta, dall'essere, si è passati al suo opposto, alla morte, è stata poi la volta della natura e dell'uomo, il senso si è abbassato, dall'astratto al concreto, da Dio alla materia, fino a ridursi a parola, a suono, a nonsense. Gli opposti si ricongiungono: vita-morte, gioia-dolore, guerra-pace, vendetta-perdono, buio-speranza, spirito-corpo, materia-antimateria, senso-nonsense.

Nel suo pessimismo apocalittico Gemma Forti, pur non offrendo una via d'uscita, un viatico di salvezza attraverso melodie struggenti a lieto fine hollywoodiano, riesce comunque a trovare una strada che conduce, anche se non al conforto, almeno a una sorta di distacco critico. È l'ironia, la consapevolezza del bluff del vivere. L'umorismo è l'antidoto, lo strumento che le permette di pedinare la vita in tutta la sua crudeltà e bellezza e di restituircela attraverso il gioco delle parole, fino a servirsi soltanto di sillabe, di vocali ripetute come fossero note di un pianoforte o vagiti infantili. L'umorismo le permette di lasciarsi sedurre dalla duplicità dell'esistenza e di elevarla a tema unico della sua poesia. Un'arma tagliente, efficace, provocatoria, quanto accettata. Gli asfodeli diventano candidi e le ortiche vezzose: l'ossimoro s'impone come ogni giorno nelle nostre vite, tanto banali quanto straordinarie.

(in collaborazione con
Katiuscia Mariottini)

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