| |
Oltre il dubbio una via di salvezza
Nei
Torbidi amorosi
labirinti di Veniero Scarselli, c'è una disperata ricerca di verità, per
fugare «l'orrore del dubbio»,o «l'antica paura», su cui domina incontrastato
il mistero della morte; c'è un bisogno di rifugio, di salvezza ad ogni costo («ogni
causa, la più incerta, m'era utile...»); c'è l'ansia di fuggire dal «torbido
male dell'anima», per far rivivere «più nobili legami di spirito»: «Mai che
cercassi di curare la mia anima... mai che gettassi un ponte levatoio», così
scrive Scarselli rivelando la sua aspirazione al bene, alla semplicità, al
dialogo, «fra le nobili sfere della ragione e le stelle della sapienza
filosofica».
C'è un che di ossessivo nel ritmo incalzante di questa poesia senza perdono,
quasi un bisogno di accusarsi e di accusare, di smemorarsi nel furore dei sensi,
nell'amore fisico, inteso non come fine ma come mezzo per l'autore, che ne
scrive con cupi toni, scandendo scabrosi particolari, indagando nel suo io fino aí limiti dell'inconscio:
«Quella folla di veleni inconfessabili, imparai a confessarti, nel buco
torbido e scuro dell'orecchio, una pioggia d'imrhagini proibite».
I contenuti della lirica appaiono in un certo senso, tra il
reale e il fantastico, tanto l'autore affonda magmaticaménte, il suo
dissacratorio, originale, bisturi poetico in ogni piega d'immagini o ricordi; è
comunque, una poesia dai toni forti, aspri, impetuosi, che tuttavia non
pesano nella mano del lettore, data l'abilità e la sapiente tecnica espressiva:
«Ero il sapiente, allucinato Maestro che... lucidamente plasmava la materia,
imprigionando sottilmente le parole o lasciandole sfuggire... sui tuoi docili
orecchi incantati, distesi come un prato mattutino ad attendere le grazie del
sole».
Affiorano a volte, anche soffi di tristezza nella
consapevolezza della «piccola morte della mente», in una vana ricerca di
«sterminati bagliori di soli», che a conti fatti, non sono che «polvere grigia
del triste pane e vino quotidiano». Anche il senso della morte è incombente
quasi, fra le righe, ogni volta maggiormente intesa in un incolmabile vuoto. C'è
in Scarselli il desiderio di uscire da una specie d'implacabile tunnel in cui
si autodistrugge, per accedere verso «altra forza d'amore», l'unica capace di
far «contemplare le cose del mondo con tenerezza... senza mai contaminarle»,
in un anelito luminoso, universale, salvifico, uscendo «alla luce», almeno per
un attimo, prima di raggiungere per sempre l'isola «ancora integra della
memoria, appena distinguibile nel buio».
| |
 |
Recensione |
|