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Veniero Scarselli rende omaggio con queste impegnate "pagine liriche" alla memoria di sua madre (e di tutte le madri). Nella nota bibliografica finale vengono citati illustri pareri di critici qualificati sull'intera produzione dell'autore che "rifiuta la lirica intimistico­minimalistica e propone una poesia insieme narrativa e di pensiero, un genere letterario che ricorda il poema epico". Nel descrivere la sua veglia di figlio così scrive: "Dovrò bere fino all'ultima goccia | il ripugnante elisir della morte | misfatto che ogni giorno si consuma | ma che ogni giorno più caparbio della vita | dalle uova della vita si rinnova".

Col "suo amore di cane" contempla quel povero corpo rattrappito, in lotta contro la morte che assale proprio mentre sei distratto. Le molecole si sforzano per diventare impalpabile spirito ma sono destinate "a putrefarsi sui prati del mondo". Quando la madre è sul tavolo di marmo è tutta sua, forse abbandonata perfino da Dio. Scarselli descrive il rito della vestizione, come quello di una bambola, mentre l'anima "non può essere molto lontana".

Il figlio sognerebbe di tenerla vicina, in una culla o in una bucadel giardino e spia tutte le sue trasformazioni. Preso dal terrore di essere lasciato solo, il poeta grida e vorrebbe affrettare la propria fine. Viene poi "il tempo del pianto", la visita alla tomba, dove sono stati collocati il mirto, la lavanda, il pepolino e la cedrina. Quest'opera di Veniero Scarselli non è di sicuro soltanto intellettuale e filosofica: sa muovere (forse suo malgrado) i sentimenti di mestizia, di dolore, di pietà per i nostri defunti e per noi stessi. Pertanto si tratta di un messaggio che affonda le radici nell'universalità del sentire umano.

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