| |
Il
messinese Filippo Giordano, molto attivo nel campo della poesia, con questa
raccolta ha vinto il premio-pubblicazione “Salvatore Quasimodo” 1980. La sua
isola rivista con gli occhi della “infanzia incavata nella memoria” emerge
spesso nel mare delle osservazioni, sulla corrotta via contemporanea, come uno
scoglio consolatore. Torino è il nido di solitudine di tanti emigrati
meridionali, “agrumi trapiantati sulle alpi”. I suoi versi scabri di fattura
moderna da cui traducono fatalismo e rassegnazione, sono spesso una denuncia. Le
figure più dolenti sono quelle dei braccianti, mentre sui politicanti e sui
burocrati cala il pungolo dell’ironia. L’amarezza prende continuamente alla gola
l’autore che si arrende soltanto di fronte alla natura, alla invidiata primavera
di quell’ “incomparabile triangolo” che è la Sicilia.
| |
 |
Recensione |
|