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Il burattinaio

Dopo riuscite apparizione nell'agone poetico, Mariele Rosina, tenuta a battesimo come narratrice dalla nostra rivista qualche anno fa, presenta ai lettori una raccolta di racconti, dal titolo "Il burattinaio".

Complessivamente sono quattordici, di cui il primo e l'ultimo assumono tratti caratteristici. Nel primo, un mini-romanzo, dal titolo " Non domandarmi chi sono", Maria vive un rapporto conflittuale con la madre, che rimasta vedova, soffoca ogni anelito di libertà della figlia tanto da decidere di abbandonare la convivenza per rifugiarsi nella casa di nonna Emma. Ella rinviene in un cassetto del mobile nello studio del nonno un carboncino di un visetto a lei dedicato con una busta gialla grande ed una piccola; comincia a leggere subito il dattiloscritto, che riporta una tenera ed avvincente storia, che risale alla fine della seconda guerra mondiale, nel periodo deòlla Resistenza. Maria è così presa dagli eventi narrati da sottrarre ore al sonno, dedicando il tempo libero dagli impegni formativi e di aggiornamento di giovane medico specializzanda in cardiologia, il cui magro salario era integrato da turni di guardia in una casa di cura, essendo per lei l'indipendenza economica sostrato della libertà agognata. L'eccezionale avventura con l'accogliere in casa di due sconosciuti, il coinvolgimento emotivo e non solo della nonna, il grave rischio che affronta con l'incoscienza dell'età, l'intervento degli amici, la scoperta della vera identità di Pietro e Biagio,suo nonno riportano, dopo soltanto una settimana, Maria a salire gli otto piani della casa della mamma per trasmettere il suo amore in un caldo abbraccio. L'intreccio e la trama sono condotti in modo da affascinare il lettore, che di getto, senza respiro, giunge alla fine, avvinto, al pari di Maria, dall'identità dei giovani.

L'ultimo colpisce per l'originalità del modo di esprimere, per librare il volo di persona libera, scevra da condizionamenti, restia ad accettare compromessi, sostenuta dalla forza che i "suoi" personaggi sono capaci di offrire allo scrittore deluso dai continui rifiuti degli editori; non poteva, quindi, che essere collocato alla fine, ma non poteva non essere il titolo ideale della silloge.

E' riduttivo non soffermarsi sugli altri, in quanto tutti presentano tutti elementi di originalità, come la versione femminile di Robin Hood, l'accendino che racconta, uno strano incontro, ma occorrerebbe davvero un saggio per tratteggiare l'apparizione nel campo della narrativa della Rosina. Non mancano,infatti,spunti di impegno civile nella scelta dei temi trattati, che interessano anche il mondo del racket della droga e la delinquenza organizzata.

Senza dubbio i fili che il burattinaio agita nelle vicende dei personaggi sono guidati dal sentimento dell'amore, genuino, vero, sofferto, ma esso non va disgiunto da altri ideali che sembrano non avere più cittadinanza nella società attuale, come l'altruismo, la solidarietà, l'amore verso il prossimo. Il sostegno della fede si coglie nella drammatica notte di Emma nella guardina dei Nazisti, allorchè si rivolge alla "Madonnina", come nel bullo camorrista che si presenta all'Eterno invocando misericordia per l'unico gesto d'amore del dono del proprio cuore, dopo la "Morte cerebrale".

Come non avvertire, pur dopo una vita professionale impegnata, nell'Autrice il credo profondo nella famiglia; non è, quindi, causale la dedica, struggente e sereno ricordo della famiglia d'origine, i cui geni sono la stura per la serie di intense emozioni che si offrono ai lettori; sincero e sentito il ringraziamento finale alla famiglia, una bella famiglia, dono di Dio.

Originalità e spontaneità sono gli argini del defluire narrativo della Rosina, che mostra a tutto campo uno stile che sa essere chiaro e piano, lucido e senza fronzoli, che non si piega alle vicende che narra, che mantiene un ritmo affabulatorio che determina empatia tra Autrice e lettori. Nel primo racconto sono presenti dialoghi in dialetto milanese non distolgono l'attenzione catturata dalla suspance degli eventi, mentre l'ambiente esterno delle narrazioni riguarda in gran parte la città di Milano con delle puntate nei luoghi in cui ha svolto la sua attività professionale, di cui è pregnante testimonianza il linguaggio usato, che non cade mai nell'astruso tecnicismo.

Nelle pieghe delle vicende trattate non può non cogliersi un messaggio che è monito particolare per le giovani generazioni : non lasciarsi andare, ma perseverare, senza deporre le armi alla prima folata di vento impetuoso contrario alle segrete speranze, perchè all'orizzonte può comunque apparire il sereno e l'intima soddisfazione.

Vorremmo terminare con il biglietto recapitato a Roberta, pianista destinata ad una fulgida carriera, dove la voce dell'estro diventa lirica, dipingendo nei versi uno scenario da favola ed, al contempo, profondi stati emozionali.

Recensione
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