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Non è facile accingersi alla lettura di questo libro di poesie in cui Veniero Scarselli, attraverso percorsi a volte sconvolgenti, cerca di darsi spiegazione delle ragioni della vita e della morte e di pervenire alla consapevolezza del mistero dell'esistenza di Dio. Questo itinerario dolente, impietoso e terribile si concretizza in un monologo dinanzi alla salma della madre, che in apertura di libro, già al primo verso, viene descritta «carogna galleggiante sul buio fiume della Creazione».
I termini Madre, Donna, come pure Morte, Creazione, Dio, vengono scritti con iniziale maiuscola per farci comprendere che sono valori assoluti nella visione che l'autore ha della vita. Si potrebbe tentar di spiegare la poesia di Scarselli cogliendone gli spunti di teorie e tesi attinenti la biologia e le origini della Terra, ma ciò comporterebbe una limitazione all'ispirazione ed ali' afflato lirico che si respira in tutte le composizioni, composizioni che, per la loro crudezza e violenza, ad una prima lettura possono a volte creare un senso di repulsione nel fruitore. In un mondo «mammone» quale è il nostro, non siamo certo abituati ad imbatterci in descrizioni così brutali dell'atto d'amore o della nascita d'una creatura. Già nel seno materno inizia la storia dell' uomo. E il poeta si chiede: «Quando fu che infondesti alfine l'anima | al mucchio viscido e turpe di cellule | brulicanti come vermi nel buio?», e più avanti: «...ma ben presto imparai ad esser topo | che ti rodeva il ventre | scavandosi, paziente, latebre...». La nascita non è, per Scarselli, luce d'amore, ma il ripudio che il ventre materno fa della sua creatura. Così l'uomo, abbandonato al gelo di un luogo ostile, è costretto a strappare il nutrimento alle foreste e a difendersi dalla caccia disperata dei lupi. L'immagine di lupi, famelici inghiottitori di esseri viventi, si incontra spesso nella sua lirica. E il pensiero mi corre allora al passo di una lettera in cui Veniero mi racconta dell'eremo dove vive. E proprio di eremo si tratta, a dispetto dei miei dubbi al riguardo, localizzato sull'Appennino Toscano, in zona impervia. «Questo è un avamposto, una casa di coraggiosi pionieri. Le avversità naturali ci assediano, l'urlo dei lupi e del vento, l'agghiacciante solitudine delle notti, quando per mesi e mesi non sivede anima viva ed i miei unici compagni sono cervi, caprioli e cinghiali feroci come belve!». In altra lettera egli sostiene: «Sono assediato dai mostri!» e mostri sono davvero, ma quelli del pensiero, incubi sconvolgenti in cui rivive la situazione dell'espulsione alla vita. Provo ad immaginare l'autore che rievoca tutto questo mentre contempla il corpo ormai distrutto della madre, il cupo sfacelo che ne fa scempio. Tutto l'amore che per lei ha custodito dentro nell'intero arco della vita si tramuta allora in disperata assenza; brutale è stato il degrado fisico prima della fine: «tu che eri signora e padrona | fosti sordida preda d'istinti |... | e poi fosti bestia | e poi semplice arbusto | e poi soltanto polvere e terra». Quanta forza d'amore e quanto lacerante dolore in questi versi, quale smarrimento e desolazione! Le ragioni della vita tutte si perdono. Per un momento lunghissimo anche la fede: «se ancora esisti, se non ti sei autodistrutta». Ma c'è una luce di Dio, «il Dio tanto a lungo | dal buio fondo dell'universo | disperatamente inseguito e anelato»; è tremendo il tragitto compiuto per trovarlo e accorgersi alfine che il suo mistero è fatto di «orrori vertiginosi». Scarselli compie in questo libro uno scavo profondo dentro l'animo dell'uomo ma anche dentro le turpitudini del corpo. Il linguaggio ricchissimo e violento solo in rari versi lascia intravedere un'inaspettata dolcezza. La figura femminile, alla quale riconosce sempre l'attributo di Madre/Matrice, suscita in lui un sentimento di rassegnata incompiutezza per il non essere «femmina eterna | che sempre uguale risorge, | alfa e omega | delle nostre minuscole vite»; l'essere maschio invece vuoi dire essere lupo «costretto | a fiutare inseguire snidare | le femmine come prede, rubare | con la forza e l'inganno | il loro amore fuggevole». Davanti alle spoglie della madre Scarselli si arrende indifeso, denuda il proprio animo e svela gli incubi, le ossessioni, le elucubrazioni che troveranno pace ed oblio soltanto nell'«atto regale che è la Morte». |
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