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La natura del bello: le basi biologiche innate

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come ogni rappresentazione o immagine che possiamo avere del mondo, vuoi a seguito di una contemplazione passiva, vuoi come nostra proiezione fantastica o come nostro sforzo di comprensione del mondo, sia allo stesso tempo un atto conoscitivo (in quanto costituisce una nostra presa di coscienza della realtà) e un atto creativo (in quanto dà forma ed ordine oggettivi linguisticamente comunicabili ai materiali sensibili che provengono dall'esterno o dall'inconscio); per conseguenza anche la poesia – come caso particolare di attività dello spirito – è insieme atto creativo ed atto conoscitivo. Ciò che si vuole indagare adesso è la natura della forza che ci spinge a organizzare secondo una determinata forma ed ordine oggettivi (linguaggio) i materiali di natura puramente istintuale ed emozionale che premono dall'inconscio per realizzare la nostra visione o rappresentazione consapevole della realtà. Queste riflessioni, oltre a svelarci la natura di tale forza, ci mostreranno che l'idea di Bello è innata e pre-esiste all'uomo stesso essendosi formata all'origine della materia vivente. Ciò permette di unificare in una sola funzione biologica sia il bello contemplato che quello creato da noi stessi.

Una pista da seguire per quest'indagine può essere la singolare caratteristica che hanno tutte le nostre rappresentazioni del mondo di essere costantemente accompagnate da una certa soddisfazione, un piacere che si manifesta sia quando contempliamo un oggetto (funzione conoscitiva), sia quando si concretizza nella nostra mente un'idea o realizziamo un'opera del pensiero, artistica o scientifica (funzione creativa). Per alcune forme particolarmente riuscite di espressione creativa non esitiamo a chiamarlo "piacere estetico", indifferentemente se contempliamo un'opera d'arte o la creiamo. E' da sottolineare che tale piacere estetico si prova proprio per tutte le manifestazioni creative e contemplative, anche per le arti cosiddette povere e artigianali come per le cose della natura: un mobile, un tappeto, o un albero, sono belli indipendentemente dal fatto che li abbiamo, o no, fatti o modellati noi stessi. Evidentemente, tutte le attività dello spirito che consistano nella contemplazione o nella creazione di una forma ordinata da una sintassi di parole o di linee geometriche, cioè da un linguaggio, posseggono la proprietà di procurare il piacere estetico. Nessuno ha voglia di "contemplare" il caos, perché ciò comporterebbe fatica, inquietudine o paura; l'ordine invece dà riposo, sicurezza, gioia. Sembra proprio che l'ordine (sinonimo di armonia, di bello) sia dagli esseri viventi – in particolar modo dall'uomo – cercato ovunque in natura o nelle proprie opere, come un nutrimento assolutamente necessario; è quindi giocoforza concludere che l'idea di ordine e di bellezza sia indelebilmente innata nell'uomo come negli animali. Ebbene sì, ma sotto che forma o sostanza si trova? e in quale parte anatomica? e per quale oscura finalità?

Noi pensiamo che questa idea innata sia il ricordo ancestrale di quando l'ordine fu inscritto e fissato nei geni del DNA agli albori della vita, nel momento esatto in cui, nel brodo primordiale, per la prima volta molecole semplici e non ancora vitali si unirono legandosi chimicamente e fisicamente fra loro per caso o per intervento divino in quell'unico ordine che gli fu consentito dall'ambiente e dalla presenza di valenze chimiche, cioè atomo ad atomo e molecola a molecola, per formare la prima organizzazione vitale. Fu l'atto di fondazione di un ordine fortunato destinato ad allargarsi a macchia d'olio, ad estendersi a organizzazioni sempre più complesse e articolate, cellule, organismi pluricellulari, e infine all'Uomo. Prima era il Chaos; poi fu l'Ordine e la Vita.

Ciò che distingue dunque la vita dalla non-vita, la vita dalla casualità del Chaos, è nient'altro che l'Ordine. L'Ordine è il nocciolo del nostro essere, il software che all'interno del DNA si è mantenuto fino a noi attraverso l'evoluzione riproducendosi da individuo a individuo. Poiché l'intero organismo è impastato di quest'ordine, egli non può non manifestare un bisogno insopprimibile di ordine anche intorno a sé. Tutto ciò che dice o fa deve obbedire alle leggi dell'ordine; anzi, mentre fa o dice, egli ordina sempre in qualche modo la materia perché non fa che ripetere nel suo ambito più grande ciò che hanno fatto le prime molecole nel loro ambito più piccolo. Nell'uomo è diventato oggetto di ricerca consapevole e spesso spasmodica; ma una simile ricerca è osservabile anche negli animali, se pure a un livello di inconsapevolezza: ogni atto della loro vita è improntato infatti ad un ordine ferreo che spesso sfugge all'osservazione dei profani, ma non a quella degli etologi. Tuttavia anche un qualunque buon amico degli animali è capace di riconoscere l'ordine che sottende ogni loro atto quotidiano e ogni loro relazione intra- ed inter-specifica. Basta ad esempio pensare al terrore che coglie il gatto o il cane di casa quando essi vengono portati improvvisamente e per la prima volta in un luogo a loro del tutto sconosciuto, dove non ritrovano più l'ordine a loro familiare, quello che in casa propria hanno interiorizzato a poco a poco fin dall'infanzia formandosi una stabile e sicura rappresentazione del loro mondo in seguito a una serie di caute esplorazioni ed esperienze, cioè di atti conoscitivi. Per loro un ambiente sconosciuto è come il Chaos, una materia informe e potenzialmente pericolosa che impone loro di organizzarne al più presto la conoscenza conformemente all'ordine presente ed innato nel loro stesso organismo, operazione necessaria al mantenimento della vita.

Ogni atto conoscitivo è dunque un atto squisitamente creativo e consiste, kantianamente, nell'organizzare la materia del mondo secondo l'ordine esistente nelle nostre stesse strutture. E' quest'idea di ordine innata, che ci induce a percepire come benessere (e quindi compiacimento, soddisfazione, piacere estetico) ogni cosa che gli assomigli e c'induce ad applicargli l'attributo di bello. E' una nostra necessità assolutamente vitale, non un lusso superfluo o una singolare peculiarità umana, cercare ovunque nell'universo meravigliose manifestazioni coerenti di ordine, di armonia, di bellezza: precisi moti di stelle, geometrie di cristalli, armoniose proporzioni dei corpi; o esaltarci nella creazione di sempre nuove architetture del pensiero in una ricerca mai sazia che noi crediamo del Vero, ma in realtà è soltanto affermazione dell'ordine interiore conservato nel nostro DNA e che governa le nostre stesse cellule, organi, funzioni, assicurandoci la vita. Per estensione, è una nostra necessità vitale anche l'incessante e quasi coatta ricerca, propria dei poeti, di accostamenti, associazioni e metafore, il cui fine sembra essere la creazione di immagini e concetti, la ricerca di una verità poetica; ma il cui motore è in realtà l'anelito della sostanza vivente ad esprimere e propagare l'ordine che ha in sé; è infine lo stesso anelito che spinge ogni essere vivente a propagare il proprio io e la propria specie con la riproduzione: una forza rassicurante e consolatrice capace di cancellare il timore angoscioso dell'annullamento ed esorcizzare il nostro ritorno nel Chaos: la morte. Finché c'è ordine, c'è speranza.

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