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L'onta di essere esclusi dalla storia

Questa volta il fustigatore di costumi, stufo di essere incastrato dal ricatto di dozzine di proposte editoriali a pagamento, sì è deciso a gettare sul tappeto il problema, anche a costo di essere escluso dalla Storia, vale a dire dalle decine di "Dizionari dei poeti", "Storie letterarie", "Antologie del dopoguerra", "Poeti del secondo millennio", o semplicemente antologie di poesie che hanno partecipato a qualche modesto premio; tutte °iniziative letterarie° che purtroppo tutti conoscono sulla propria pelle (e sulla propria tasca) perché vengono insidiati per posta da un nugolo di editori che promettono di compilare qualcuna delle suddette pubblicazioni.

Tutti siamo disposti a capire le esigenze finanziarie di un editore e la sua ansia di garantirsi il gruzzolo adeguato alla stampa d'un libro: tutti s'arrabattano per campare. Vogliamo anche essere così benevoli da credere, seppure in second'ordine, alla sincerità delle sue motivazioni ideali, quando pure ve ne siano; tuttavia salta agli occhi, nella maggior parte dei casi, una grossolana stonatura nella formula con cui si estorce il finanziamento (non sono un giurista, ma ho il sospetto che si configuri un vero e proprio reato di estorsione) e mi ha sempre meravigliato che l'editore non capisca come ciò alla fine si ritorca contro di lui, squalificandone l'iniziativa. Si tratta di una tecnica consolidata e collaudata, che al mio paese si chiama come minimo ricatto psicologico; infatti, la letterina/scheda/cedola ecc., che di solito si riceve a casa, recita immancabilmente così: "Esimio Poeta, per i di Lei importanti contributi/successi letterari, da noi seguiti con attenzione, il Suo nominativo è stato incluso da un'importante commissione nazionale di critici/giornalisti/scrittori ecc., in una lista di importanti nomi di livello nazionale che farà parte di un importante Dizionario/Antologia/Storia letteraria ecc., di imminente pubblicazione. Se vuole esservi inserito con un curriculum/poesia/profilo/ fotografia ecc., vorrà rispedirci la cedola allegata con la Sua firma, il Suo impegno all'acquisto di tot numero di copie, e l'acconto di tot lire in assegno o vaglia".

Quali specchietti per le allodole, nella "lista degli importanti nomi di livello nazionale" qualche losco editore ci mette pure Quasimodo e Montale, oltre a molti altri grossi contemporanei viventi (che certo non versano una sola lira) e spesso affidano la "direzione" dell'importante lavoro anche a un critico di fama, il quale nella maggior parte dei casi non sceglie un bel nulla, limitandosi a inserire i nominativi fornitigli dall'editore e a scrivere qualche generica paginetta sui benefici effetti della poesia sugli animi dei cattivi e quindi sulla pace nel mondo. Tutto questo apparato, tuttavia, induce lo sprovveduto poeta (i poeti, per definizione, lo sono sempre) a credere che si tratti di un panorama serio e veramente completo di grandi e di piccoli; ma soprattutto gli fa capire che se non paga, e non viene inserito, è come se fosse zero, come se non esistesse. È fuor di dubbio che ciò sarebbe un'onta per chiunque, poeti noti e meno noti, ma anche per gli onesti pensionati che hanno fatto il sacrificio di stamparsi un libriccino. Di fatto ben pochi sono quelli che riescono a resistere davanti alla terribile minaccia di non-esistenza; quindi il diabolico ricatto funziona sempre, anche a costo per qualcuno di dover... togliere il pane di bocca ai figli (tale è per alcuni l'ansia di vedersi stampati).

A parte comunque la possibilità che si tratti di estorsione, l'oscenità etica di questo sistema risiede nel fatto che l'editore dichiara spudoratamente il suo dizionario, o antologia, essere una scientifica "rassegna storico-critica", una impegnativa fotografia del "momento poetico nazionale", quantomeno un "censimento dei poeti" o un fedele "panorama antologico". Se veramente così fosse, un autore ritenuto degno di far parte di un'antologia, o di un dizionario, dovrebbe essere inserito nell'opera a prescindere dal suo contributo finanziario. Se poi egli vorrà acquistare una o più copie dell'opera, dopo averla esaminata, ebbene, buon per l'editore, che farà certo bene a publicizzarla e ad offrirla, anche in visione, ai poeti che vi sono stati inclusi; i quali certo saranno felici di comprare qualche copia, ma volontariamente, non come "condicio sine qua non" per essere inseriti. È tanto difficile per un editore studiare una formula che salvi la sua serietà professionale, senza rinunciare ai giusti guadagni?

A onor del vero, non tutte le case editrici si comportano in questo modo ricattatorio. Si sa che operare delle scelte sulla base di un giudizio estetico è sempre una questione di gusto personale che alla fine lascia sempre molti scontenti; tuttavia è già altamente meritorio che alcuni rari editori non le facciano su base pecuniaria; questi benemeriti prima scelgono e poi stampano; solo in un secondo tempo, a libro stampato, chiedono i soldi a chi è stato inserito (se vuoi comprarsi qualche copia).

Tuttavia, l'esistenza di queste vere mosche bianche delle lettere non cambiano la sostanza e la generalità del malvezzo denunciato: sono la classica eccezione che conferma la regola, anzi, dà forza alle nostre indignate lamentele.

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