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Severino e la dottrina sociale della Chiesa
È di grande attualità
l'orientamento della Chiesa indirizzato a mitigare la virulenza del capitalismo
e l'esortazione a tener conto del bene comune. Ora, è da tempo che Emanuele
Severino va sostenendo sulle colonne del "Sabato" la tesi seguente: «Se l'essenza
dell'umano agire è determinata dallo scopo ch'esso si prefigge e se d'altra
parte unico scopo del capitalismo è il profitto, ne consegue che assegnare al
capitalismo uno scopo diverso, o anche solo delle condizioni che ne limitino
l'unico scopo (quale ad esempio il bene comune, come vorrebbe l'insegnamento
attuale della Chiesa), porterebbe, per definizione, alla vanificazione e al
dissolvimento del capitalismo stesso».
Orbene, non vi è certo nulla da obiettare circa la
definizione che il profitto sia l'unico scopo del capitalismo e che
l'assegnazione di uno scopo diverso ne dissolverebbe l'essenza; ma non è affatto
certo che porre degli argini al capitalismo sia la stessa cosa che cambiarne lo
scopo. Infatti anche il capitalismo, come tutte le popolazioni di organismi
viventi sul nostro pianeta, si è potuto sviluppare facendo già i conti con
condizioni ambientali limitanti che tendevano a ridurne, eccome, il profitto. E
vero che alle origini non fu osteggiato nella misura di oggi; ma certo
estendendosi e sviluppandosi non tardò ad essere contrastato da altre forze
sociali che parallelamente andavano aumentando il loro potere contrattuale, man
mano che esse stesse si organizzavano e sviluppavano, fino alla odierna
formazione dei moderni organismi sindacali.
Il capitalismo di oggi non è certo nato dal nulla; esso
rappresenta la risultante aritmetica di questa lotta senza quartiere fra lo
spirito del capitalismo spremitore di profitto e la resistenza dell'ambiente,
rappresentato in questo caso da coloro che venivano spremuti; eppure ciò non ha
comportato alcuna modifica qualitativa del suo scopo fisiologico, cioè il
profitto; è vero invece che è stato quantitativamente limitato e condizionato,
sì da costringerlo a trovare altre forme e strumenti per sopravvivere senza
rinunciare al suo scopo. Se la tesi di
Severino fosse vera, il capitalismo avrebbe dovuto da gran tempo essere morto. O
chiamarsi con altro nome.
Se dunque esistono fattori che già hanno limitato e tuttora
limitano il profitto senza peraltro alterare la qualità del capitalismo nei
riguardi delle sue finalità, non si vede per quale motivo altri fattori, quali
ad esempio la resistenza opposta da sempre maggiori strati della popolazione al
rischio di distruzione morale e materiale dell'ecosistema, non si possano
considerare alla stregua delle altre resistenze ambientali in grado di
condizionare sempre più il capitalismo; il quale tuttavia è molto probabile che
possa, nella sua continua evoluzione di organismo vivente, altrettanto bene
come nel passato trovare altri modi e altre forme di sopravvivenza che ne
mantengano salva l'essenza, lo scopo originario, cioè il profitto.
Perciò, se la dottrina sociale della Chiesa invita il
capitalismo a tener conto del bene comune e dei bisogni materiali e morali
dell'essere umano, non sembra che essa cada in alcun errore, illusione, o
equivoco, come afferma Severino; la Chiesa anzi non dice nulla di nuovo, non fa
che ripetere semplicemente gli stessi precetti limitanti di sempre, quelli che
fra l'altro ispireranno in seguito il socialismo e con i quali il capitalismo è
stato già costretto a fare i conti. Non era forse un bene comune anche la
salvaguardia delle condizioni morali e materiali dei lavoratori? E non era lo
stesso socialismo figlio diretto dello spirito evangelico?
Tuttavia la Chiesa con la sua dottrina sociale non vuole
certo significare che il capitalismo debba modificare il proprio unico scopo, il
quale, necessariamente, non può essere altro che quello meccanicisticamente
determinato e programmato del profitto (non si dimentichi che il capitalismo non
è un'entità astratta ma, sotto l'aspetto di organismo vivente, è macchina); ma
vuole evidentemente soltanto significare che esso dovrà d'ora in poi conseguire
il suo scopo fisiologico adattandosi alle limitazioni che gli impone già ora
l'ambiente, cioè il bene comune, e che dovrà perfezionare la sua macchina
escogitando nuovi modi e nuove forme per la propria sopravvivenza.
Pratovecchio,
Agosto 1993
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