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Carissimo Domenico,
ti ringrazio per l'invio della tua opera
drammatica Silvina, ultima tua fatica nella tua vulcanica produzione. L'ho letto
con ancora in cuore la recente vicenda di Eluana, che avevo seguito con
angoscia e partecipazione; per questo la rievocazione attraverso Silvina di
quella che non esito a chiamare tragedia mi ha gettato di nuovo nel mezzo di
quelle tristi vicende togliendomi la serenità del commentatore letterario;
premetto quindi che a causa dei sentimenti che mi si sono di nuovo scatenati
non mi sento di giudicare sul piano letterario un'opera pur notevole sotto
questo aspetto. Però sento lo stesso il bisogno di toccare alcuni punti dolenti
di quel caso, anche se già ampiamente discussi da eminenti scienziati. Bada
bene: io sono più ateo che agnostico, quindi lungi da me considerazioni di
tipo religioso, quali anima, spirito, ecc.; tuttavia una cosa è categoricamente
certa: che nessuno scienziato che si rispetti può avere certezze circa il mondo
interiore di una persona in coma vegetativo, nessuno è in grado di stabilire
alcun rapporto fra la menomazione cerebrale e l'eventuale menomazione psichica.
Dunque non hanno diritto d'essere chiamati scienziati quei pazzi che affermavano
con tanta prosopopea che Eluana era morta; tanto meno il padre, cui rimprovero
la grossolanità e superficialità delle sue ragioni. Al contrario, tutti i dati
che io sono riuscito a raccogliere dai dibattiti fra scienziati seri e da
infinite ricerche su intemet lasciano capire che Eluana, come quasi tutte le
altre persone in coma vegetativo persistente (non permanente!), avesse
percezione del mondo estemo, anche se nessuno sa in che misura; del mondo
intemo nessuno sa niente, ma è lecito ipotizzare che sia almeno parzialmente
funzionante. Per questo ho usato la parola persone e non pazienti: esse non
vanno confuse con i malati tenninali oncologici, che sono realmente pazienti
bisognosi di terapia medica; se si prescinde infatti dalla menomazione
cerebrale, le persone in coma vegetativo sono giovani sanissimi, quasi sempre
perfino in grado di deglutire e quindi di assumere il nutrimento per via naturale, se
qualcuno avesse la pazienza di portarglielo alla bocca con un cucchiaio. E
infatti è risultato che moltissimi genitori ce I'hanno, questa pazienza, che
altro non è che amore, e si sono portati i loro figli a casa per poter meglio
trasmettere la loro fede e il loro affetto. Alcuni perfino per ventotto anni, e
il loro amore ha qualcosa di eroico. Sono convinto dunque che, per quanto
cerebralmente menomata, Eluana sentisse e vedesse, seppure ad un livello forse
diverso dal nostro; non so se avesse pensieri di tipo cosciente, ma mi sento di
affermare con sicurezza che percepisse le cure e le manipolazioni cui era
sottoposta dalle buone suore, che sentisse il dolore fisico e avesse sentimenti
ed emozioni, anche se non poteva manifestarli come una persona normale; benché,
secondo le testimonianze di tutti i genitori che si sono portati i figli a casa,
questi riescono in qualche modo percettibile a manifestarle e quasi sempre
addirittura migliorano. Non ho difficoltà ad ammettere che forse le zone
cerebrali interessate siano prevalentemente quelle inferiori, sottocorticali,
sede appunto della vita emotiva; ma anche se la vita di queste persone fosse
solo di tipo emotivo, mi chiedo: lecito uccidere – dato che proprio di uccidere
si tratta – una persona che vede e sente ma, a causa del suo trauma a livello
cervicale, non ha apparentemente possibilità di manifestare le sue reazioni? Non
si uccide neanche un animale, che pure ha indubbie reazioni emotive, solo perché
non riesce a comunicarle come noi vogliamo. Infine, a quanti dicono con tanta
sicurezza che, se capitasse a loro non accetterebbero mai di essere mantenuti in
quelle condizioni di vita, faccio osservare che le condizioni che per noi sani
sono inaccettabili non è detto che lo siano anche per le persone in coma
vegetativo; anzi è molto probabile che per queste si tratti di uno stato
normale, e quindi stiano soggettivamente bene, non avendo alcun termine di
paragone con quello che noi chiamiamo stao normale.
Chiarito questo, devo complimentarmi con te per
la profonditâ e l'efficacia con cui nel tuo dramma hai sviscerato tutti i
problemi sorti in quei giomi di angoscia e, per alcuni come me, anche di orrore
e di rabbia per la superficialitâ e l'ignoranza di medici e Autorità.
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Recensione |
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