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Un approccio biologico alla natura del bello

Motivi di confusione circa il Bello

Dopo tutte le fantasie inventate durante secoli e millenni per spiegare l’Idea di Bello, che cosa sappiamo oggi sulla sua natura, le sue origini, i suoi meccanismi di azione sulla nostra mente? Il Bello è un’idea astratta, oppure ha chiare radici nella nostra struttura biologica? E’ possibile, richiamandoci a dati scientifici noti, spiegarne oggi la natura, l’origine e l’azione fisiologica sugli esseri viventi, il meccanismo con cui produce il piacere estetico?

Sembrano domande ovvie, se ci si accontenta appunto di risposte tautologiche quali “il Bello è ciò che piace” ecc., ma in realtà sono domande che richiedono di dirimere prima di tutto una molteplicità di fattori contrastanti che sono causa di confusione.

Il primo motivo di confusione è che al puro piacere estetico si sovrappone sempre, per quanto piccola, anche l’emozione suscitata dal contenuto del messaggio cui si attribuisce la qualità di bello. Quando infatti l’emozione ha una valenza positiva, è molto probabile che venga scambiata per quella che ha prodotto il piacere estetico; quando invece ha una valenza negativa a causa di un contenuto sgradevole, è facile che provochi un moto di disgusto.

Il secondo motivo di confusione è che il Bello si può trovare sia in un oggetto creato dall’ingegno dell’uomo come anche in un oggetto formatosi casualmente in natura: a un dipinto, una poesia, un viso, una gemma, pur nella loro diversità, diamo infatti indifferentemente l’attributo di bello.

Il terzo motivo di confusione è quello tra il piacere provato da un osservatore allorché contempla passivamente un bell’oggetto e il piacere provato attivamente dall’autore durante la creazione dello stesso: sia l’uno che l’altro giudicano che l’oggetto sia bello, anche se il tipo e la causa del loro piacere sembrano a prima vista completamente diversi.

La confusione dunque nasce dal fatto che siamo soliti usare sempre lo stesso attributo di “bello” per tutte le attività accompagnate da un certo grado di piacere estetico, anche se tinto dalle sfumature emotive più diverse: quando si sta contemplando un dipinto oppure dipingendolo, quando si sta contemplando un paesaggio o ammirando una bella donna, quando si è letta una poesia o la si sta scrivendo, perfino quando si sta ammirando una bella teoria scientifica o si è trovata la soluzione d’un problema matematico, e infine anche quando ammiriamo un bel manufatto artigianale.

Tuttavia, se in questa molteplicità di piaceri diversi si cerca con attenzione una costante comune, non si può non vedere che ciò che veramente li unifica non è certo il contenuto – elemento variabile in qualità e intensità emotiva – bensì il piacere puro che si ricava dall’azione stessa del rappresentarci nella mente l’oggetto, sia quando lo si contempli passivamente, sia quando lo si stia effettivamente creando. Ciò che produce il piacere estetico puro è dunque l’atto stesso del formare nella nostra mente un’immagine della realtà che a prescindere dal suo impatto emotivo soddisfi il nostro bisogno di ordine. E’ noto che quest’atto è sempre creativo in quanto è frutto, vuoi nel caso di attività, vuoi nel caso di passività, di un atto di organizzazione attiva e aprioristica dei dati sensibili condotto in base a categorie preesistenti nella mente, quindi innate; nel nostro caso, in base ad un’unica categoria: un Ordine Ancestrale che governa la mente.

Origine molecolare del Bello

Il piacere estetico prodotto dal Bello si presenta dunque sempre contaminato da una più o meno grande sfumatura emozionale che gli si sovrappone dandoci l’impressione che si trattino di un’unica entità. Poiché è molto difficoltoso immaginarlo allo stato “puro”, è probabile che tale difficoltà abbia finora impedito di riconoscere al Bello un’esistenza indipendente e quindi di identificare il meccanismo fisiologico che produce il piacere estetico.

Peraltro, se in noi esiste una forza che ci costringe a organizzare secondo un determinato codice, che chiamiamo linguaggio, le suggestioni che ci giungono dall'esterno o quelle che premono dall'inconscio, inducendoci ad usare l'attributo di bello ad operazione riuscita, vuol dire che l'Idea di Bello è innata e antichissima; è un archetipo che pre-esiste allo stesso genere umano e forse, ancora più indietro, ha avuto origine durante la formazione della stessa materia vivente.

Una teoria fisiologica unitaria del Bello è appunto ciò cui vorrei pervenire con alcune riflessioni; le quali potrebbero anche spiegare come mai una sola funzione fisiologica possa gestire sia il bello contemplato passivamente che il bello creato attivamente da noi stessi, e spiegare persino come mai talvolta il brutto, l'orrido, il mostruoso, siano percepiti come bello.

L'attività cerebrale consiste nella creazione dentro di noi – e secondariamente ma non necessariamente anche sulla carta, sulla tela, sul marmo, o sul rigo musicale – di un'immagine mentale ordinata secondo una sintassi di parole, di linee, di note o di numeri, cioè secondo un codice, un linguaggio; ebbene, è proprio questo lavoro di ordinamento ciò che procura il piacere estetico. Nessuno prova piacere a creare o contemplare scarabocchi o un coacervo di oggetti in disordine, perché ciò comporta fatica, inquietudine, e perfino paura; l'ordine invece procura benessere, sicurezza, gioia, insomma è bello. E’ un fatto notorio, poiché avviene ogni momento intorno a noi, che l'ordine sia ricercato con ogni mezzo da tutti gli esseri viventi, in natura e nei propri atti, come un nutrimento indispensabile che è sinonimo di armonia e di bello. E’ quindi giocoforza riconoscere che l'idea di ordine, e quindi di bello, sia indelebilmente inscritta nell'uomo e negli animali, congiunta strettamente a quel tipo di piacere che non può essere chiamato in nessun altro modo che estetico. Ma sotto quale forma, o sostanza, si trova materializzata dentro di noi quest'Idea di Bello? e in quale parte anatomica? e per quale oscura finalità ci è stata data dalla Natura?

Il DNA primitivo

Questa idea innata non può essere che il ricordo ancestrale di quando l'ordine fu inscritto e fissato nei geni del DNA agli albori della vita, cioè nel momento esatto in cui in qualche ignoto ambiente primigenio terrestre o stellare si verificarono le condizioni necessarie affinché alcune molecole semplici, e quindi non ancora vitali, si unissero per la prima volta chimicamente e fisicamente fra loro secondo l'unico ordine loro consentito dalle leggi fisiche e dalle valenze chimiche presenti nell’ambiente, cioè saldandosi atomo ad atomo e molecola a molecola per formare la prima organizzazione vitale, la prima struttura ordinata del mondo capace di replicarsi contrastando la forza disgregatrice dell’Entropia: prima era il Chaos, poi fu l'Ordine, il Logos.

Tale aggregazione molecolare ha costituito l’atto di fondazione della Vita, l’atto di passaggio dalla materia inorganica inerte alla materia vivente, ed è il nucleo di quello che, col nome di DNA Primigenio, si è potuto conservare fino a noi replicandosi infinite volte durante l'evoluzione degli esseri viventi. Lo scheletro del DNA è infatti uno stampo capace di attrarre altre molecole, che si riuniscono e saldano modellandosi su di esso e quindi copiandone esattamente le forme e le funzioni chimiche. Quando lo stampo e riempito, il nuovo contenuto si stacca formando un clone capace di vita propria. E’ noto che il DNA è una catena ordinata di molecole disposte a “elica”; dalla posizione occupata da ciascuna di queste nella catena e dalla posizione delle sue valenze chimiche dipende la morfologia dello stampo e quindi l’anatomia e fisiologia caratteristiche di ogni essere vivente da esso clonato. Col progredire dell’evoluzione, a quel primitivo DNA si legarono chimicamente altre molecole accrescendo il volume e la complessità dello stampo, ma sempre obbedendo necessariamente allo stesso criterio di ordine imposto dalle leggi chimiche e fisiche esistenti allora come oggi. Infine il primitivo nucleo fortunato di DNA è stato a poco a poco circondato da uno “strato-corazza” di altre molecole – diciamo così “operaie” – che lo proteggevano dall’urto distruttivo delle molecole circostanti coprendolo con una membrana fungente da scudo, anch’essa ovviamente formatasi in base alle stesse leggi chimico-fisiche.

E’ certo così, che nacque la prima membrana a circoscrivere una cellula, un vero e proprio contenitore-rifugio per il DNA e strettamente controllato da questo. DNA e contenitore erano destinati ad evolversi nelle organizzazioni morfologicamente sempre più complesse e articolate degli organismi pluricellulari giunti fino a noi. Questo contenitore ora è diventato il nostro corpo (il soma) e ogni sua cellula, tessuto, organo, ha conservato lo stesso ordine primigenio uscito dallo stampo di DNA. Quel nucleo originario di molecole, protetto dal soma, si è tanto moltiplicato nei millenni da allargarsi a macchia d'olio sulla superficie del Pianeta. Era logico dunque attendersi che quest’ordine si conservasse fino a noi modellando nell’unico modo possibile le nostre cellule, gli organi, la mente.

Ciò che dunque distingue la vita dalla non-vita, la vita dal disordine del Chaos, è l'Ordine. L'Ordine è il fondamento del nostro essere, il programma che sotto forma di DNA si è perpetuato attraverso l'evoluzione fino ai nostri organismi complessi trasmettendosi da individuo a individuo. Poiché ogni organismo è costituito da molecole unite secondo le stesse leggi chimiche esistenti fin dalle origini, consegue che nessun organismo può sottrarsi all’ordine che l’ha creato; è costretto dalla propria anatomia e fisiologia a replicare sul proprio corpo e sulla propria mente quello stesso ordine, generandolo continuamente intorno a sé. Anche nel caso dell'Uomo, tutto ciò ch'egli dice o fa obbedisce alle leggi di quell'eterno ordine chimico; anzi, nel momento ch'egli dice o fa qualunque cosa, in realtà sta sempre ordinando in qualche modo la materia, dato che non può fare altro che ripetere nel suo ambito macroscopico odierno ciò che in ambito microscopico hanno fatto le prime molecole del Pianeta. Nell'uomo quindi ordine, armonia, bellezza non sono aspetti diversi dell’Ordine originario contenuto nel DNA, ma sono un’unica cosa, diventata addirittura oggetto di ricerca consapevole e spesso spasmodica in ogni atto anche il più umile della nostra vita quotidiana; costituiscono la base di ogni conoscenza, di ogni creazione artistica e di ogni piacere intellettuale. Ribadiamo dunque che l’ordine non è una categoria astratta della mente: l'ordine siamo noi stessi, esso rispecchia il modo in cui siamo stati creati, la struttura delle nostre molecole, delle cellule, degli organi, e infine della nostra mente, la quale non può pensare nulla al di fuori di quest’ordine innato. Altra cosa è invece – vale la pena ricordarlo essendo l’obiezione di molti – lo pseudo-ordine dei cristalli inorganici, che non è un ordine dinamico e tende solo alla disgregazione.

Una ricerca di ordine simile a quella che guida l’uomo è osservabile anche negli animali e nelle piante; ogni atto della loro vita è infatti, seppure inconsapevolmente, improntato ad un ordine ferreo che spesso sfugge all'osservazione dei profani, ma non a quella degli etologi o dei botanici. Tuttavia anche un semplice amico degli animali è capace di riconoscere l'ordine che sottende ogni loro atto quotidiano e ogni loro relazione intra- ed inter-specifica. Basta infatti osservare l'inquietudine, o addirittura il terrore, che coglie il micio di casa quando viene portato in un luogo a lui sconosciuto in cui non ritrova più l'ordine familiare, la mappa della propria casa che egli si era a poco a poco creata fin dall'infanzia attraverso una serie di caute esplorazioni ed esperienze, cioè di atti conoscitivi. Per lui un ambiente sconosciuto è una materia informe potenzialmente pericolosa, un caos di impressioni visive e sensoriali che – passato lo shock – gli impone di riscrivere al più presto una nuova mappa conformemente al proprio ordine innato, un'operazione assolutamente necessaria perché finalizzata al mantenimento della vita.

La stessa cosa vale anche per le piante: anche se noi non possiamo “sentire” direttamente le loro reazioni, sappiamo indirettamente da studi e osservazioni che queste esistono e che non hanno forma e finalità diverse dalle nostre, dal momento che anch’esse sono reazioni chimiche provocate dalle stesse leggi vigenti nell’ambiente circostante e sono finalizzate al raggiungimento e mantenimento di un ordine necessario alla vita.

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