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L'uomo che corruppe HadleyburgL’esteriorità dell’uomo. E questa sua parte è congenita, indivisibile, inossidabile. Poi c’è l’interiorità, e questa parte è l’impossibile compagna dell’uomo. Ed è così. La corruzione, l’assurda compagna dell’uomo: sia nell’esteriorità che nell’interiorità. Quando la corruzione intacca le pareti interiori dell’uomo, l’uomo muore. Non c’è scampo, non ha scampo. L’uomo non ha più riposo, non ha più quiete, non ha più aria. L’uomo muore soffocato dal pensiero di aver permesso alla corruzione di entrare nel suo cuore. Quest’uomo non può più aver riposo; per quest’uomo la vita non ha più valore.
Questo è l’abito usuale indossato dall’uomo e di questo abito l’uomo non può fare a meno. Non c’è speranza di cambiarlo, non c’è soluzione d’altro vestiario. Questo abito è l’abito della corruzione. La paura. La paura viene dal conoscere il guizzo d’inganno che passa negli occhi di chi sta per corrompere. Ma è anche, la paura, la certezza di sapere che non c’è ricambio d’abito, di quell’abito pieno di strappi con il quale ogni uomo deve affrontare il mondo. Tu vuoi mettere le mani con le dita ben serrate su tutti gli strappi; tu vuoi camminare su tutte le strade, in tutte le città, in ogni luogo al piano e in montagna, nascondendo gli strappi del tuo vestito con le mani a pugno per far bella figura e non essere preso per un pezzente; tu vuoi far finta di niente, indossando il tuo bell’abito pieno di strappi per nascondere le malformazioni della tua parte esteriore del corpo; ma sai che questo tuo abito è confezionato con materia prima di ottima qualità e che gli strappi sono causati dagli urli, dalle grida e dalle proteste della corruzione che circola in ogni fibra, invisibile e tentatrice. Se tu non sei corrotto – oppure non sei in una posizione di esserlo – non sei nulla e non conti nulla nella comunità. Tu vesti soltanto l’abito dell’onestà fasulla e non possiedi neppure la dignità di avere un’onestà corruttibile. La tua dignità di uomo è annullata dall’indifferenza di chi corrompe Tu non sei degno di portare l’abito a strappi della corruzione. Tu non sei degno di possedere corruzione: è un’affermazione forte, incomprensibile e perfino inaccettabile. Eppure è così. La corruzione investe chi eccelle nella società, chi è qualcuno agli occhi della gente, chi è “degno” – per l’universo intero, in tutte le latitudini e i paralleli e i poli del Nord e del Sud, eccetera – di possedere tutte le carte per essere corrotto. Non si vuole… Non si vuole accettare questa verità; non si vuole accettare questa realtà; non si vuole ascoltare la giustificazione che la corruzione è necessaria. Tutto è assurdo. Già, assurdo! Ma assurdo che cosa? Assurdo è soltanto il fatto che la grande folla anonima dell’umanità non può pretendere di essere fregiata del diploma di corruzione: perché non porta alcun vantaggio al prossimo e non porta neppure alcun privilegio. Il prossimo non sa cosa farsene della grande folla anonima. Il prossimo pende dalle labbra di chi può essere corrotto e di conseguenza può portargli vantaggi e privilegi. Ma non è sempre così. C’è anche il rovescio della medaglia, c’è anche la grande vittoria dell’utopia dell’illusione della pulizia e della giustizia, della parità di tutti gli esseri umani e dell’amicizia; c’è, alla fine, il grande sogno della vittoria finale dell’onestà. La grande folla degli anonimi grida, batte le mani, ride. Non può fare altro. E può soltanto guardare in alto nel cielo e contare, in una notte stellata, le stelle e vivere con esse la grande avventura della fantasia. Ma è importante gridare, battere le mani, ridere. Tu guardi l’uomo negli occhi e vedi uscire fuori dalle pupille i colori, le ombre e le luci della sua interiorità. Non hai altro da guardare, e lontano, al di là delle asperità impossibili dei pensieri, gli impulsi segreti dell’interiorità non danno pace a quegli occhi anonimi e a quelle pupille dilatate, scherzose e desolate. C’è un tremore in quegli occhi e in quelle pupille; c’è un tremore di paura e di avidità: in fondo, quegli occhi e quelle pupille vivono di un desiderio mai appagato; vivono del desiderio di arrivare, un giorno, nel grande Palazzo Buddhista della corruttibilità. Forse è una bestemmia, forse è una inqualificabile affermazione, senz’altro è una inesplicabile realtà. Ed è la parte esteriore dell’uomo che si manifesta, rivestita dell’abito degli strappi; ed è quella parte visibile che vuole a tutti i costi vivere la grande avventura della corruzione. Una corruzione che non fa male a nessuno; ma che riempie le tasche di soldi per la gioia di veder realizzati tutti i desideri L’uomo corre nel buio. L’uomo sa di correre nel buio. L’uomo vuole vivere la grande avventura del buio. E l’unica strada in discesa per raggiungere il suo buio è arrivare ad essere padrone della disonestà. Corrompere o essere corrotti. L’uno e l’altro, purché o l’uno o l’altro avvenga, si realizzi. Se si corrompe: oh quanto morbido e comodo ed elegante è l’abito degli strappi! Se si è corruttibili, ciò significa che si è qualcuno e per questo si è additati con il segno della rispettabilità e della dignità. La strada sempre in discesa della limitatezza umana. La corruzione è l’assurdità del vivere. Ma vivere bisogna e per vivere bisogna stringere i denti, bisogna mettersi le mani sugli occhi, mettersi le mani con le dita ben serrate sugli occhi e anche sulle orecchie; perché sia gli occhi che le orecchie non vedano e non sentano. Ma non è sufficiente. Non è sufficiente perché gli occhi e le orecchie della nostra interiorità vedono e sentono, e ancora non si è trovato il rimedio perché essi non vedano e non ascoltino. La nostra interiorità vede e sente con gli occhi e le orecchie dell’anima e ancora non ci sono oculisti e otorini adatti a curare occhi e orecchie dell’anima. Diciamo meglio – senza far della retorica e restare, invece, legati alla realtà più evidente e chiara - , gli oculisti e gli otorini dell’anima hanno tolto le tende e sono fuggiti nei deserti del disordine e dell’immoralità. Nei deserti del buio e dell’avidità; nei deserti della lontananza e della dimenticanza. Nei deserti dell’indifferenza e del menefreghismo. Così:la vita è assurda. E in questa vita assurda convivono in buona armonia – insieme al buio e all’avidità, all’indifferenza e al menefreghismo - l’assurdità del sorriso e dell’incorruttibilità; la grande risata ironica della cooperazione e dell’amicizia; la grande utopia della comprensione e dell’assoluzione; il grande evento della Fede e del perdono. La vita è assurda, irripetibile, prorompente. La corruzione corre – senza limiti di velocità – sulle strade larghe e indorate dell’assurdità del sorriso e dell’incorruttibilità; della grande risata ironica della cooperazione e dell’amicizia; della grande utopia della comprensione e dell’assoluzione; del grande evento della Fede e del perdono; insieme alla realtà del buio e dell’indifferenza. Così si rischia. Si rischia di mettersi sul pulpito e questo è il segno più grande e incancellabile della corruzione. La corruzione non teme critiche; la corruzione non si porta appresso atti di umiltà. La corruzione evita ogni esperienza di sofferenza e ama la superbia come alibi di amore e di pace per tutta l’umanità. La corruzione è vanità. Il nascondimento. Tenere nascosti gli smodati desideri; poi accorgersi, all’improvviso, di aver covato dentro quel grammo di avidità che fa gridare - sulle vie e sulle piazze, nei luoghi sacri e nei luoghi sconsacrati, all’aria aperta e al chiuso più nauseabondo e fetido -: corruzione! Io sono corrotto. Anch’io lo sono. Anch’io lo sono sempre stato. Insomma, io sono corrotto come tutti gli altri e forse ancora di più. Non ho mai tenuto conto di tutto ciò? Ma si, altroché! Io ho vissuto, portandomi appresso l’utopia di non sentirmi corrotto come è corrotta l’intera umanità. Non ho fatto altro che paragonarmi a quell’essere immondo dalle mille facce e dalle duemila braccia che va distribuendo al piano e al monte sorrisi e beffe. E tutto si trasforma in una grande festa mascherata, senza più contorni precisi, senza più identità riconosciuta, senza più canti di gioia, senza più lingue comprensibili. Il grande imbuto della corruttibilità: e i cuori soffrono, gli occhi lacrimano, le gambe tremano, le lingue restano paralizzate e le anime si disperdono nel putiferio luminoso delle galassie. La confusione. La perdita irreversibile della propria identità. La voglia di primeggiare, d’ingannare, di possedere, di nascondere, di vivere… già, di vivere. Ma come? Forse come non abbiamo vissuto fino ad ora? O forse perché non abbiamo voluto accontentarci di ciò che abbiamo sempre avuto? O forse – meglio – perché non ci siamo mai conosciuti? Ed è così! Perché non ci si è mai conosciuti, il che vuol dire: si è vissuto fino ad ora accontentandoci – facendo finta di accontentarci -; ma nel profondo del cuore si è sempre tenuto bene al caldo il tarlo dello scontento. Ed è così. Ora è così, ma appena l’occasione buona bussa alla porta della nostra anima, lei – la nostra anima – dimostrerà tutta la sua fasullità. L’occasione buona si tramuterà nella parola magica della corruzione. Dunque: l’anima è fasulla? Oppure: tutta la vita è soltanto un bluff e nulla è degno di essere preso in considerazione se non la corruzione; la quale corruzione non è altro che l’avida molla che stringe – e rompe – tutti i bulloni della spiritualità? La via dell’onestà non ha tracciato sicuro e chiaro. Dentro questa via c’è il mistero dell’incredulità. Dentro la via dello spirito grida la voce incomprensibile dell’onestà: non quella fasulla, insegnata da chi non ha compreso. Dentro la via dell’onestà grida la voce di quell’onestà insegnata da chi ha compreso tutte le sofferenze delle tentazioni, e avendo accettato queste sofferenze, ha superato tutte le paure delle tentazioni. Ha superato tutte le maldicenze. La via dell’onestà non fasulla: una via stretta e sconosciuta che porta al confine della vita, e non fa paura. No, non fa paura. Semmai libera, per sempre, dalla sofferenza per aver sgarrato dalla via, incorruttibile, della coerenza. Dalla coerenza di non mutare mai; dalla coerenza dell’accettare l’estrema prova della trasparenza Questa è la realtà della vita, e questa è la realtà della corruzione che segna la vita. La vita di ogni essere umano. E questa è la verità estratta da “L’uomo che corruppe Hadleyburg” di Mark Twain. * * * La corruzione come assurdità, l’assurdità della corruzione. L’onestà fasulla, il riscatto dell’onestà. E il vento della corruzione urla il silenzio colpevole dell’interiorità dell’uomo. Rabbia, inganno, dissolvimento delle coscienze, echi di gioie e di tristezze: i cuori esultano e poi scompaiono nel nulla. Come le bolle colorate di sapone fatte scoppiare da giovani bocche sature di risa oscene. La corruzione ha volti nascosti da maschere sfuggenti, senza il respiro profumato del riposo. Ma la corruzione non è poesia. La corruzione è assurdità e l’assurdità è figlia della vendetta; e la vendetta scorre nel sangue di ogni individuo, mischiandosi con l’eco di rabbia uscita dal cuore di chi ha portato vendetta. E’ un gioco infido e sporco, e questo gioco porta, alla fine, un cumulo di ombre che non hanno identità. Il gioco della vendetta, l’ora dei tentennamenti che non hanno fine. Chi non si porta dentro dubbi mai svelati; dubbi tenuti nascosti per non rivelare la propria vera identità? La paura di rivelare la propria vera identità sfocia nella corruzione, manifestandosi in ogni sua forma e misura. Chi si trova corrotto, inspiegabilmente e confusamente, alla fine non riconosce più se stesso e non può che dire, a sua discolpa e per lavarsene le mani, tutto era già stato stabilito. La voce infida della corruzione; la voce che vince l’onestà del cuore e tira in ballo i morti, i disegni della Provvidenza, il diritto e la presunzione. Tira in ballo la presunzione di essere onesti: dove si sono cacciati l’umiltà e la modestia? Il sacco pieno d’oro da consegnare a chi ha aiutato a suo tempo, materialmente e moralmente, un disperato, è diventato l’arma letale di corruzione per una intera comunità, sempre considerata l’eccelsa vetta dell’incorruttibilità. Bisogna trovare chi ha dato il danaro e ha detto la frase; ecco, la frase! La fatidica frase che apre la porta della facile ricchezza. Eppure, a detta di tutti, chi ha dato il denaro e ha detto la frase sta ormai sottoterra. Ecco allora il tarlo della corruzione! Non è vero che il benefattore sta sottoterra; il benefattore sta lì, fra i notabili della comunità. Bisogna che ognuno di questi notabili trovi la frase giusta; ognuno l’ha detta, ognuno può averla detta, tutti sono degni di attendibilità. La porta dell’oro e della felicità è, per ognuno di questi notabili, a portata di mano. Essa non può sfuggirgli. Da questo momento inizia il gioco al massacro della tentazione, la porta dorata della corruzione. La frase. “Lei non è affatto una cattiva persona. Vada e si rimetta sulla retta via”. La miccia della corruzione è stata innescata. Ed è stata innescata perché chi può aver detto questa frase e aver aiutato il derelitto di passaggio ad Hadleyburg è ormai sottoterra. Diciannove notabili sono i candidati: la gente fa presto a dimenticare i morti e s’illude troppo presto che un notabile possa essere un benefattore puro e semplice, primo fra tutti il contabile Edward e la moglie Mary. Ma anche in loro – così onesti e così portati alla carità -, la voce della corruzione li chiama, li tenta, li coinvolge e li frantuma. Chi ha detto la fatidica frase sta sottoterra: perché dunque non approfittare dell’occasione di avere in casa il sacco d’oro e la frase che apre il sacco e li fa diventare ricchi, finalmente? No, per Edward non può essere così: l’onestà deve trionfare. Ma l’onestà non trionferà: nessuno può sfuggire al rimorso di essere nato onesto; nessuno può sfuggire alla regola funesta dell’onestà fasulla, insegnata fin dalla culla da chi non conosceva le difficoltà che la vita offre a ogni uomo. No, nessuno può sfuggire al riso sardonico della malattia subdola della corruzione. Chi è nato corrotto – chi ha avuto la fortuna di nascere nella condizione di non conoscere l’onestà – non soffrirà il lezzo sardonico delle risa della folla anonima. (il nemico spietato e invincibile). Chi è nato corrotto è nella condizione di fregarsene della corruzione e alla fine vincerà anche il grande nemico della folla anonima. Lui – il corrotto - resterà per tutta la vita - non c’è ombra di dubbio – corrotto e vivrà felice, contento e soddisfatto. E’ una regola scontata e universale. Chi non è nato corrotto – ed è stato tentato e non ha avuto la forza e il coraggio di vincere la voce della corruzione -; ebbene, questi troverà conforto soltanto nella morte, dopo aver confessato la sua debolezza di aver anche lui fatto parte della categoria dei corrotti. Questa confessione metterà negli animi della folla anonima il dubbio… l’ombra sibillina del serpente. Ci sarà dunque un vero giudizio al di là della morte? * * * Stralcio di un discorso – tra Edward e Mary -, per fare luce sul dramma dell’assurdità della corruzione. “Se solo avessi aspettato, Edward… Bastava che ti fermassi un po’ a riflettere, ma no, dovevi andar diritto alla tipografia…”. “Pubblicatelo, diceva il biglietto…”. “Oh, certo, questo lo so; ma se prima ci pensavi un pochino, ti saresti reso conto che era impossibile trovare quel qualcuno (onore per Hadleyburg, per aver aiutato un bisognoso), per il semplice motivo che era sottoterra… e dunque che i soldi potevano andare a chi ne aveva tanto bisogno, senza che nessuno avesse a scapitarci, e… e…”. “Ma dopo tutto, Mary, è bene che sia andato in questo modo… doveva andare così, lo sappiamo… Dobbiamo ricordarci che così era stabilito…”. “Stabilito! Oh, è sempre tutto stabilito quando si vuole trovare una scusa per aver fatto una stupidaggine… Presunzione, ecco cos’è stata… malvagia e sacrilega presunzione, che non s’addice a una persona che si professa umile e modesta…”. “Ma, Mary, sai bene che genere di persone ci hanno abituato ad essere, noi e tutti gli altri del paese…”. “Oh, lo so, come se lo so… è stato un eterno, interminabile addestramento all’onestà, un’onestà protetta fin dalla culla contro ogni possibile tentazione, e perciò un’onestà fasulla, debole come l’acqua quando la tentazione arriva, stasera l’abbiamo visto. Dio sa se prima d’oggi avevo mai avuto l’ombra dell’ombra di un dubbio sulla mia pietrificata e indistruttibile onestà… e ora, davanti alla prima, vera, grossa tentazione, io… Edward, io sono convinta che l’onestà di questo paese è marcia come lo è la mia, e come lo è anche la tua… E’ un paese gretto, un paese duro e avaro, e non ha altra virtù al mondo che questa onestà così decantata, e di cui tanto si riempie la bocca; e sono convinta, giuro, che se mai verrà un giorno in cui la sua onestà sarà messa seriamente alla prova, allora la sua gran reputazione crollerà come un castello di carte. Ecco, ora ho fatto la mia confessione, e mi sento meglio; sono un’ipocrita e lo sono sempre stata, senza rendermene conto. Che nessuno mi venga più a dire che sono una persona onesta… Non voglio più sentire una cosa simile!”. * * * La corruzione, l’assurdo segreto che si nasconde nel cuore dell’essere umano. Voglia di cancellare questo segreto, di disfarsene, e di capire, finalmente, la fortuna che uno ha se nessuno gli ha mai insegnato l’onestà fasulla. Non è poco. Come vincere l’assurdo segreto della corruzione nascosto nel cuore umano e capire la fortuna – la regola – dell’onestà fasulla? Ad Hadleyburg, per risolvere l’assurdo segreto insieme alla regola dell’onestà fasulla, hanno pensato di cambiare il motto che contraddistingueva la città e i suoi abitanti.. Il motto precedente era Non c’indurre in tentazione. Adesso, il motto rivisto è Inducici in tentazione. |
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