da: Terra bruciata di mezzo (fra Vespero e Lucifero)
(da tempo digiuni di piova,
ne annusiamo gli scrosci e le pulite spirali a freghi irregolari nell’etera
fecciosa; come districarci dal garbuglio di morsi e alluminate striature, fuggire l’accidia che ci sbalestra senza un istante di requie…)
(frange notturne deflesse ai margini delle passatoie sollevano un vento fradicio che neppure si fa intuire. Sempre si fantastica di una prossima
età, frattanto che sfugge la presente e il pane perde decoro beffato dalla piressia)
(torna sui progetti spiccioli con attenzione più disposta, ma la sbirciata attraverso gli
scuretti s’atterrisce. Non si decide a
spalancarli, l’equinozio è lontano, i rigurgiti
ardenti risalgono il pendio per seguitare a
straziarci; oltre la porta, un’aggressione di
salsedine precede la levata del sole, tra le mani gracili sfere di rocca rapite alla procella che ci costrinse nella stia da cui si captano lucori a
intervalli)
(i cani a noi distanti vanno oltre la nostra comprensione, sbiancano e non osano latrare perché toccano la corporeità del
timore sparpagliano urina, o forse lacrime, ai paracarri posti sulla terra, liquami che furono feticci ed equivoci di creduta sottomissione. Ergono pelame affamato, afflitti dai pigri parassiti che ne svendono la fierezza, la fossa degli sguardi supplici all’Ursa Major e vorrei credere che verrà con una vestina di
dalie
dopo aver dispensato coccole e ninnananne per i cuccioli più
smunti)
(certe volte, voglio credere, verrà con parole di piacere alle labbra e pagine gualcite dai troppi passamano, e molte memorie di mulattiere polverose e ramarri
apatici, inerti persino al suono delle sirene
d’allarme; fiabe di semenza contadina che
tramandano liturgie di amorazzi nei fienili
abbandonati all’indifferenza. Il tempo non poteva venir sprecato per giocare ad achei e cavalli lignei con i piccoli inganni dell’età; si doveva scacciare le allodole dagli abituri fatti di misere stoppie
rubacchiate ai foraggi, mentre si
vaneggiava di grossa caccia a ruggenti regine di
savana e la terra bruciava più in fretta ai
margini. Questo tempo scandisce parole diverse i campi dopo le corvè diventano poco a poco l’esilio dei ritrovi e degli
abbracci)
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