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Orfeo in Fonte Santa“Roberto Mosi, poeta prolifico e animatore culturale di tante esperienze, ha dato alle stampe un piccolo e prezioso libretto, “Orfeo in Fonte Santa”. Un poemetto, composta da diciotto stanze, accompagnato da belle foto, che potrei dire, definisce il mondo, le sue tragedie, i suoi miti, visti da questo luogo magico, appunto Fonte Santa, nella zona sud di Firenze.
I punti di vista laterali, periferici sul mondo, sono spesso quelli più carichi di possibilità; certo lo sono di poesia, se per questa vogliamo intendere la discesa nelle profondità della vita. Certo, questa voce interiore è colta da Roberto Mosi che traccia in diciotto stanze questa linea rossa che unisce passato e presente, storia e natura, umano e non umano (stanza III):
“…
All’oblio che si distende Il mito, che il titolo suggerisce quale collante di tutto, è in realtà il basso costante, sottofondo e quasi escamotage per annullare il tempo storico e collegare David giovane partigiano che nasconde a Fonte Santa la bandiera rossa che tornerà a sventolare alla Liberazione, con l’eversione artistica di Buonarroti. Come Orfeo è coesistenza di otto diverse personalità e identità, anche la storia si ripresenta nelle sue molteplici forme in una unità naturale. È la lezione di Rainer Maria Rilke dei “Sonetti a Orfeo”, cui Mosi esplicitamente si riconnette: l’esistenza come canto continuo e la poesia come miracoloso equilibrio di contrasti. La poesia più vera è quella che canta quello che Elio Vittorini chiamava, nella “Conversazione in Sicilia”, il mondo offeso, quella parte di umanità che viene quotidianamente oppressa e affronta con rassegnazione il proprio destino. Da lì scaturisce il canto. In Vittorini avviene nell’incontro di Silvestro e alcune figure archetipiche del paese, fra le quali Calogero l’arrotino; qui in Mosi (stanza XVIII):
“ … Figure di uomini concreti, sofferenti, che la poesia trasfigura in miti, simboli, natura.” |
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