Segmenti e contrasti
Ridà dignità
all’epigramma il nuovo lavoro della poetessa Maria Antonia Maso Borso “Segmenti
e contrasti”, pubblicato da LCE Edizioni sotto la direzione di Paolo Ruffilli
(presentazione sabato 28 febbraio 2015 alle ore 17 allo Spazio Paraggi di Treviso),
secondo il quale l’epigramma è “la forma per eccellenza della sintesi e della sottlineatura”.
La parola greca significa
“scritto sopra” e il genere nacque come iscrizione posta sui monumenti, sui
templi e sulle lapidi, acquistando nel corso dei secoli “l’autonomia di un nuovo
genere letterario e un carattere arguto nel dare pronuncia a verità profonde
sotto gli occhi di tutti, ma disattese e trascurate, acquistando spesso anche
toni aggressivi e taglienti, nutriti di umori insieme esistenziali e civili”.
Apparentemente semplice
in realtà l’epigramma necessita di intelligenza, sensibilità e arguzia condita
spesso con una buona dose di ironia, tutte doti che appartengono a Maria Antonia
Maso Borso, nata a Milano nel 1936 da genitori veneti e residente a Treviso dal
1961, già segnalata in diversi concorsi letterari e autrice tra l’altro del
delicato “Gate, gate, gate” in dialetto veneto (Edizioni del Leone 2012).
In questo ultimo lavoro,
che porta in copertina un’immagine elaborata dalla figlia Francesca Borso,
l’autrice si confronta con la densità dell’epigramma – come spiega Ruffilli –
“con il suo spirito mordace che si risolve sempre in una acuta battuta finale”
evitando accuratamente la superficialità e l’approssimazione (“non mi prendo
sul serio dato che prossimamente dovrò morire seriamente”).
Sono versi che procedono
come funamboli sul filo del racconto, spaziando dalla filosofia alla sociologia
alla politica. Sono parole pensate, parole dette, immaginate, trasformate,
calpestate, strapazzate risorte. Parole che scaturiscono da una profonda voglia
di comunicare il proprio flusso interiore o anche parole che alzano steccati in
cui rinchiudersi per isolarsi dal mondo.
Parole cangianti e
multiformi come il flusso della vita poiché – confida l’autrice – “raduno parole
come foglie secche, mi piace sentirle crepitare nella mente e poi disperdersi
col fiato”. Non possono star ferme, le parole. “È il loro destino, se restano
impigliate fanno male”.
“il Gazzettino”, 19
febbraio 2015
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