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Limone ruffiano
Nadia Scappini, scrittrice e poetessa,
instancabile operatrice culturale nell’ambito della scrittura e della critica,
dopo numerose pubblicazioni che la contraddistinguono per la sempre alta qualità
della proposta, è uscita nel 2016 presso la casa editrice “Il Vicolo Editore” ,
con Limone ruffiano, libro in pregevole veste tipografica, dal titolo
affascinante e intrigante.
Limone ruffiano coinvolge il lettore già
dalle prime pagine dove l’autrice si racconta sul perché del titolo e sul cosa
l’ha spinta nella ricerca personale e collettiva del viaggio a ritroso nelle
stagioni nel brivido antico del ricordo. Pregevoli le pagine dell’autrice dal
titolo Otium: elogio della lentezza, dedicate all’analisi introspettiva
del proprio e dell’altrui sentire, in questo tempo che viviamo a una velocità
vorace di minuti che si accavallano nella corsa, senza lasciare lo spazio della
consapevolezza della perdita di quell’andare lento della mente, di
quell’assaporare l’istante come fosse un frutto prezioso da carezzare nel morso,
da coccolare nello sguardo.
Nadia Scappini, nel tempo che riesce a ritagliarsi
nella corsa dei giorni, fugge a Giacciano nella casa di campagna fra Rovigo e
Ferrara, si inventa e degusta la sua vacanza immersa nella pace delle piccole
cose, nei silenzi e nei profumi intrecciati al volo delle api e alle siepi di
rosmarino, alla contemplazione delle gemme e dei fiori del rosaio e del fico,
riesce a risentire l’eco delle ballate e dei sogni, coglie con religiosità il
mistero della natura, grande privilegio del bimbo che sa guardare.
Sfogliare questo Limone ruffiano è come
entrare magicamente nella coralità della memoria, nel castello dei ricordi,
quando l’olfatto e il gusto la fanno da padrone nel tintinnio delle chiavi
davanti al portone e le figure di nonne, mamme, zie, amiche, insieme al sorriso,
portano in regalo tasche grandi nel grembiule, tanto grandi che ci sta di tutto,
raccolgono persino la nostra fretta giornaliera, ci intrigano, ci invitano a
frugare nei cassetti per ritrovare diari, quaderni scritti a mano, pagine
ingiallite, magari impreziosite da qualche macchiolina d’olio come lacrima, da
qualche ditata di ombre di impasti antichi, sgualcite dallo sfogliare di mani
capaci di creare piccoli capolavori da gustare.
Le testimonianze collettive, in questo libro
magistralmente creato dall’amore di Nadia per la semplicità della sapienza,
dall’affetto verso chi ora naviga in altri giochi di luci e ombre, dalle
vibrazioni di anima e mente, si esibiscono con candore e naturalezza, divengono
leitmotiv , creando un’atmosfera di attimi indimenticabili.
Il fenomeno dei ritorni ti cattura come in una
ragnatela proiettandoci, appesi a un filo sospeso, nella malia di suggestioni
proustiane. E l’andare si fa pieno di sorprese, ruffiano come il limone della
madre di Nadia che aveva capito la vita, le sue dolcezze, quell’asprigno
necessario per assaporare di più gli attimi dolci del palato, le palpitazioni
segrete del cuore, l’abbraccio dei profumi e i fumi delle grandi cucine con i
fornelli a legna sempre accesi. È tutto un’amarcord a ogni sosta di
pagina, emozioni diverse, ricordi accarezzati, spremuti, grattugiati nella
scorza profumata, piano, come ruvida carezza. Un viaggio a ritroso di sé per
riappropriarsi della propria vita nella rincorsa della pace di merende
fantasiose, ricche e povere, quando gli ingredienti diventavano cibo da re
unicamente perché la fame e la giovinezza sono sempre state compagne della
fantasia. Pane e mele, pane e fichi, pane e uva, pane e marmellata conservata in
quei grandi vasi con il coperchio a vite, marmellate che a volte fiorivano di
muffa rapidamente tolta a cucchiaiate dalla madre. E siamo ancora qui a
raccontare, e la gola si stringe perché fa bene, perché il ricordo si allarga a
macchia d’olio, perché il passato riappare in tutto il suo fascino levigato dal
tempo. Limone ruffiano diventa allora ricettario raffinato non solo di
cibo, appaiono fra le righe percezioni di eventi, emozioni, ginocchia sbucciate
nella corsa, respiro profondo, traccia di capriole, passepartout, condivisione
di giorni, di profumi solo nostri, riflessioni. Si trasforma in libro segreto
per farci riflettere, fermare. Lo teniamo in mano come fosse il vecchio quaderno
della nonna, magari perduto o andato distrutto perché troppo rovinato. E il
cuore ci spreme nella commozione.
Nadia Scappini ci ha fatto un grande regalo insieme
a quelle voci che ha saputo catturare nella testimonianza perché in ogni pagina,
in ogni rigo c’è l’incanto del ritrovarsi, della condivisione ricordo di più
generazioni. La lettura, una carezza dell’anima, il desiderio del pennino, del
calamaio, della bella scrittura sul foglio, magari con la mente inebriata dal
profumo della lasagna che cuoce nel forno o da quello della torta preferita, dei
biscotti senza lo stampino, della cotognata e potrei continuare ma lascio alla
curiosità del lettore la traccia, il ticchettio della sveglia contaminuti,
perché è un attimo che qualcosa si bruci, scompaia come scompaiono le rondini in
autunno, le pratoline che raccoglievi da bambina nel prato che ora respira
l’asfalto, la siepe di biancospino che avresti voluto scavalcare senza nemmeno
un graffio, una puntura.
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Recensione |
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