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Ò vardà le nugole

Ivano Chistè è giunto con Ò vardà le nùgole alla sua terza pubblicazione di poesie, dopo Entant el tèmp el passa del 2004 e Come le farfale del 2014, testimoniando così la sua passione per il dialetto che, insieme all’innamoramento per la musica, costituisce la scoperta della possibilità del sogno. Il suo sogno, sospeso tra le parole antiche e le note musicali che volano su spartiti rappresentanti musiche di varie etnie e culture, abbracciando anche la musica rinascimentale, il folclore e i canti popolari, nonché una ricca proposta di pezzi vari, frutto di una certosina ricerca e di uno studio attento.

Ivano, personaggio eclettico in vari campi e promotore culturale, da anni si propone al pubblico insieme al Gruppo Il tamburo del sole e ai progetti Aires e Iron Strings in serate musicali affascinanti e coinvolgenti in numerosi appuntamenti dove, spesso, insieme alla musica viene offerta anche la sua poesia, letta dalla moglie Grazia con garbo e passione.

Questo suo ultimo lavoro è impreziosito dalla prefazione di Paolo Toniolatti, critico attento e sostenitore da sempre della poesia in italiano e di quella espressa nella lingua dei padri. Arduo aggiungere qualcosa di nuovo a quanto da egli espresso con maestria e convinzione sul lavoro poetico di Ivano. È riuscito a cogliere con puntualità l’essenza di ciò che il poeta intende esprimere in forma di poesia delineandone un profilo umano e artistico, analizzando le tematiche con parole sagge e commenti mirati, scavando nell’anima del poeta per coglierne le vibrazioni più profonde.

Ivano Chistè è un artista abbastanza schivo, lettore della produzione in dialetto trentino e amico di poeti. Dalle sue liriche, sempre molto controllate e in prevalenza brevi, si possono estrapolare sensazioni sfioranti la grande domanda sul perché della vita e della consapevolezza di questo nostro andare. Versi brevi dunque, come carezze fugaci; non ama l’endecasillabo e lo dichiara in La mé vita: Senza endecasilabi / e rime basade / che sprofonda le radis / ’ntéla préda dura del dialèt. Quasi una poesia manifesto che delinea le sue scelte stilistiche che prediligono l’asciuttezza del dettato poetico, la quasi assenza di musicalità. Poesia-pensiero la sua, flash improvviso che lascia al lettore più motivi di riflessione, senza condizionarlo nella malia di ritmi accattivanti

Una scelta quella di Ivano dettata forse dalla solitudine interiore, dalla malinconia, da quel bambino cresciuto troppo in fretta che è in lui, dal desiderio dell’urlo muto di ribellione in una società che dell’indifferenza ha fatto una bandiera da sventolare ogni giorno e in ogni occasione: ’ntél mar stròf dela vita / la mé nave maródega / la va a spazzón, butada dal vènt, / zercando en porto sicur / ’ndó repezzar / le vele sbregade. E in un’altra significativa poesia: Forsi ’ngualdì a Lampedusa / le nùgole le èra sì sgiónfe / che ’l Sioredio no ’l vedeva zó / ma el diàol el gà vist bèn / e l’à fat en sfragèl.

Ivano Chistè canta con il singhiozzo in gola, nella morsa di una nostalgia di fondo che gli fa rivivere il tempo andato in abbracci d’emozioni contemplando il suo paese, ormai quasi città: Mattarello. Mattarello con i suoi scorci più nascosti, la sua sinfonia di attimi vissuti: La musica del mé paes / l’è na melodia de stiani / che no scolta pù nissun. / L’è el vènt che fis’ciava / ’ntrà le vèce case smarognade...

Ci sono parole che si ripetono, parole che si rincorrono, quasi ritornello, in parecchie liriche: destrani, parola principe, a mio parere, paragonabile alla saudade portoghese, intraducibile in italiano se non con almeno tre termini: nostalgia, malinconia, groppo in gola con la valigia in mano alla frontiera, striaria (incantamento, malia), soturno (cupo, malinconico, taciturno). E molte altre, alcune ormai in disuso che Ivano riprende in vari componimenti, quasi volesse fermarle perché non cadano nell’oblio. Altri poeti in precedenza e in vari tempi hanno subito il fascino del destrani, della striaria, hanno catturato, ognuno a modo loro, la fascinazione dell’assunto.

E poi, in questo libro, ci sono il vento, le stelle, la notte, il trascorrere del tempo, tutta la natura nella sua parata, gli affetti, l’amore grande per Grazia, il cielo, il volo della fantasia, le stagioni nel loro vestito diverso. Che s’inseguono però in una fuga sfrenata di fantasia, ci sono le nuvole, le nuvole così ben cantate dal compianto, grande poeta in roveretano Bruno Banal, il poeta delle nuvole, come l’aveva denominato il maggior studioso trentino dei dialetti e critico Elio Fox.

Ma ecco le nuvole di Ivano, scrutate con disincanto e il cuore talvolta in preda all’inquietudine in una poesia che merita la citazione per intero: Quan che l’autun dela vita / el baterà fìss al mé uss / e ’l vènt só compagn / el volerà portarme con élo / come el fa có’ le fòie, / varderò le nùgole. / Zercherò ’n mèz a lore / le face dei mé cari / e dei amizi pù streti / e pò, pianpianèl / quela del Sioredio / per provar, se ’l vorà / a far la paze.

Nella proposta poetica di Ivano Chisté, oltre ai temi già citati, può sbocciare quasi con pudore, una profonda religiosità, un rispetto e una ricerca della Verità.

In questo suo Ò vardà le nùgole, c’è la traccia di un cammino che siamo convinti Ivano proseguirà perché, quando si è innamorati della poesia , si è innamorati per sempre.8 dicembre 2018

Recensione
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